Roma, 24 nov – Cosa ci mettiamo per l’Intifada? Ma è ovvio, dei jeans “Hitler”. Sembra l’inizio di una barzelletta politicamente scorrettissima, e invece ha a che fare con una marca di abbigliamento realmente esistente nella Striscia di Gaza. Non è una novità, peraltro: un primo “Hitler store” è stato aperto già tre anni fa nel rione di Sheikh Radwan. Ora i fratelli Hassan e Ahmed Radwan, i due originali imprenditori palestinesi titolari del brand, hanno bissato, aprendo al centro di Gaza City un “Hitler-2”.
Quello che ha fatto notizia non è stata neanche l’apertura del secondo negozio, tuttavia, bensì il fatto di esporre in bella vista manichini che impugnavano dei pugnali, in solidarietà con l’Intifada dei coltelli. La foto dei manichini armati ha suscitato aspre polemiche, e così alla fine i pugnali sono spariti per lasciare il posto a più sobrie sciarpe con i colori nazionali palestinesi.
L’ispirazione per il nome del brand sarebbe venuta ai due imprenditori da un’analoga catena indiana. Del resto in Asia, dove con gli avvenimenti del ‘900 europeo c’è un rapporto decisamente più distaccato e meno complessato, non è raro che sorgano iniziative simili (basti ricordare il gelato indiano che, di nuovo, riprendeva il nome del leader del nazionalsocialismo). Ma, assicurano, la politica non c’entra. È solo marketing. A quanto pare ha funzionato.
Giuliano Lebelli