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Francia: sequestrati dirigenti della Goodyear

by Gabriele Taddei
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PneumaticoAmiensAmiens, 9 gen – Un pneumatico da trattore davanti all’ingresso della sala riunioni della fabbrica. E’ così che i 200 operai di turno nello stabilimento della Goodyear di Amiens, nel nord della Francia, hanno sequestrato lunedì mattina i propri dirigenti.

La multinazionale americana tenta invano di chiudere la fabbrica da cinque anni, mentre i disordini più gravi iniziarono esattamente un anno fa, quando il 31 gennaio la multinazionale dichiarò ufficialmente di voler cessare l’attività nella Somme, in quanto “non abbastanza produttiva”. Aspetto messo in discussione dai sindacati francesi Cgt e Chsct, che asseriscono essere aumentata negli ultimi mesi la produttività del 51%. Ed è a questo apparente controsenso che si lega una delle tematiche espresse da Hollande durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2012, quando proprio nello stabilimento di Amiens promise l’impegno – mai portato a compimento – di approvare in tempi brevi una legge contro la pratica dei licenziamenti di convenienza borsistica, ossia tagli al personale e chiusure di stabilimenti non per motivi di carattere economico, bensì a fini speculativi.

La battaglia giudiziaria protrattasi nell’ultimo anno, che ha visto la Confédération Générale du Travail sempre perdente, è inoltre andata di pari passo con le trattative portate avanti da Maurice Taylor, detto “Grizzly”, a capo dell’americana Titan, concorrente locale della Goodyear, la cui risposta al Ministro del rilancio produttivo Arnaud Montbourg, che lo pregava di interessarsi dell’acquisto, merita una citazione per gli annali del capitalismo del terzo millennio: “Ho visitato la fabbrica di Amiens un paio di volte. Salari alti, gli operai parlano per tre ore e lavorano per altre tre. Signor ministro, ci prende per stupidi? Siamo noi, Titan, ad avere i soldi e le capacità. Titan si comprerà una fabbrica cinese o indiana, pagherà gli operai meno di un euro all’ora e spedirà ai francesi tutte le gomme di cui hanno bisogno. Lei può tenersi i suoi cosiddetti lavoratori. Titan non è interessata alla fabbrica di Amiens. Cordiali saluti, Maurice M. Taylor, Jr”.

E’ stato così che lunedì mattina alle 10.30, poco prima dell’ennesimo incontro tra sindacato e dirigenza della multinazionale, i lavoratori hanno preso di petto la situazione sequestrando il direttore della produzione Michekl Dheilly ed il direttore delle risorse umane Bernard Glesser, per chiedere una tavola rotonda con il prefetto ed i due colletti bianchi, onde portare avanti trattative di vendita ed un trattamento generoso per i 1173 dipendenti, in caso di fallimento nella ricerca di un acquirente.
Ieri la situazione si è fatta incandescente, ma con l’arrivo delle forze dell’ordine i lavoratori hanno dimostrato il pragmatismo necessario a fronteggiare la situazione ed evitare tragedie. Tramite la Cgt sono stati rilasciati i dirigenti, barricata nuovamente ed occupata la fabbrica tra i fumi dei pneumatici in fiamme. “Chiaramente non è più possibile continuare a lottare per i nostri posti di lavoro – ha dichiarato Mickael Mallet, presidente di una delle sigle sindacali coinvolte, alla televisione Lci – Quindi abbiamo deciso di cambiare tattica e di batterci per la più ampia compensazione possibile”, che al momento viene richiesta su una base di 80mila euro più altre indennità proporzionali all’anzianità di servizio.

Sul piano politico si alza l’ira di Hollande, posto davanti al primo sequestro di una dirigenza aziendale della sua presidenza, e sempre più allarmato dall’ormai consolidato annientamento della gauche caviar dal proletariato francese, a favore soprattutto di un Front National “pigliatutto” nei sondaggi. Non si tratta infatti della prima azione di forza operaia di questo tipo in Francia. Anzi, sull’onda dello scalpore che produsse il film “Louise-Michel” del 2008, nel quale un gruppo di operaie tenta l’assassinio del direttore della propria fabbrica dopo la chiusura inaspettata della stessa, iniziò un periodo di assedi. Periodo che partendo dal bimestre caldo di marzo-aprile 2009, quando vennero sequestrate le dirigenze di Sony, 3M, Caterpillar, Scapa, Faure e Machet, si protrae fino ad oggi, assumendo ormai i caratteri di una vera e propria tradizione di lotta per il lavoro contro tagli speculativi e delocalizzazioni. Una lotta che non vedrà una fine a breve, ma che produrrà piuttosto una radicalizzazione sempre più intensa e scenari propri di quella giungla sociale tardo ottocentesca da cui un tempo scaturirono l’ordine ed il progresso delle economie sociali e pianificate.

Gabriele Taddei

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