Roma, 1 ott – Il “sultano” regna incontrastato e non accetta voci dissonanti, tutti devono semplicemente adeguarsi alla sua linea. Sepolto il kemalismo, in Turchia la svolta neo-ottomana di Erdogan se fuori dai confini nazionali si traduce con interventi militari aggressivi, all’interno significa stretta sui media e adesso anche sui social network. Oggi entra infatti in vigore la nuova legge di Ankara che rafforza il controllo delle autorità governative sulle principali piattaforme – con in testa chiaramente Facebook e Twitter – che potrebbero addirittura essere oscurate nel Paese se dovessero rifiutarsi di rimuovere contenuti giudicati controversi. Non si tratta di un fulmine a ciel sereno per i giganti social, perché la svolta censoria c’è stata a luglio scorso quando il Parlamento turco ha approvato la legge in vigore dalla giornata di oggi.
Cosa prevede la legge turca
Il governo guidato dal partito di Erdogan potrà ora obbligare i social network ad adeguarsi a condizioni decisamente rigide, con tanto di multe fino a 4,3 milioni di euro e riduzioni della larghezza della banda in caso di violazioni delle misure previste. “La legge solleva molte preoccupazioni sui diritti umani”, ha cinguettato su Twitter Iain Levine, capo del dipartimento per i diritti umani di Facebook. E’ chiaro però che si tratta di un provvedimento controverso, perché da una parte introduce dei vincoli allo strapotere delle multinazionali in una nazione sovrana e dall’altra imbavaglia ulteriormente il dissenso interno, già ridotto ai minimi termini. Alcuni però dubitano che le misure previste dalla legge in questione vengano davvero applicate. “È impossibile in un paese come la Turchia sopprimere i social network che sono parte integrante della vita delle persone”, ha dichiarato ad esempio Emma Sinclair-Webb, direttrice di Human Rights Watch in Turchia. Ottimistica previsione, se consideriamo che Erdogan ha più volte dato prova di fregarsene altamente delle opinioni altrui.
Occhio per occhio?
Sta di fatto però che i social dovranno fare i conti adesso anche con i tribunali turchi, che potranno richiedere la rimozione entro 48 ore di contenuti giudicati inappropriati.
Insomma a ben vedere la Turchia, per certi aspetti, procede sulla falsa riga proprio dei social. Se questi ultimi adottano la censura per i contenuti giudicati unilateralmente non conformi alla “community”, Ankara usa il pugno di ferro per quelli ritenuti inaccettabili per il governo turco. Ma non è tutto, perché la Turchia ha già bloccato negli ultimi due anni l’accesso a oltre 400mila siti, tra cui circa 10mila video di YouTube e più di 6mila condivisioni su Facebook.
Eugenio Palazzini