Roma, 12 gen – Wikileaks sembra scomparsa dalle copertine dei media occidentali: i tempi in cui metteva in difficoltà la Presidenza Bush e Assange (il fondatore e motore di Wikileaks) era considerato un “martire della libertà” sono lontani, in particolare dopo aver messo di fronte agli occhi del mondo lo scandalo (per contenuto e per il non rispetto dei parametri di sicurezza) di Hillary Clinton.
Ora saltuariamente si parla di Assange tralasciando il fatto che sia a tutti gli effetti un perseguitato politico costretto in una condizione equivalente alla prigionia, senza aver subito un processo da anni. Nessuno più cita le scoperte fatte da Wikileaks che tuttavia, giova ricordarlo, non sono mai state smentite in un solo caso su milioni di file pubblicati, il che la rende almeno tecnicamente la “agenzia” con il maggior grado di affidabilità della storia.
In ogni caso, al di fuori del mondo dei media occidentali ancora qualcuno si prende il tempo di scartabellare tra i file pubblicati da Wikileaks con la sicurezza di trovare qualcosa di interessante. Nelle ultime due settimane ad esempio un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha ufficialmente chiesto chiarimenti al Dipartimento di Stato in merito ai numerosi acquisti sospetti operati dalle ambasciate Usa in mezzo mondo che Assange è riuscito a procurarsi e pubblicare. Ordini per materiale per spionaggio, visori notturni per il pedinamento, microtrasmittenti tra il materiale ordinato dalle ambasciate. La Cina ha colto l’occasione per ribaltare le accuse recenti mossegli dagli Stati Uniti in merito alla propria crescente attività spionistica scrivendo letteralmente in un comunicato “ancora una volta gli Usa hanno accusato altri delle condotte proprie” e aggiunto “la comunità internazionale aspetta chiarimenti”.
Su wikileaks si possono trovare le migliaia di mail interessate, ma abbiamo già controllato noi ed effettivamente da una rapida occhiata risultano numerosi ordini di questi materiali fatti dalle ambasciate Usa in Colombia, San Salvador, Giamaica e Perù. Mmostrando anche un rinnovato interesse ad agire nel Sud America evidentemente.
Inutile soffermarsi sulla prassi, bene o male praticata da tutti gli stati, ma evidentemente abusata da Washington di utilizzare lo schermo diplomatico per coprire anche i propri sforzi di spionaggio, quel che è interessante è notare la scelta cinese di non tacere.
Scelta che mostra sempre di più che una nuova guerra fredda, stavolta con la Cina, potrebbe essere dietro l’angolo.
Guido Taietti