Pyongyang, 31 ago – Di storie, fantasiose o meno, sulla Corea del Nord, se ne sentono ogni giorno. Quotidianamente, le stravaganze del giovane leader Kim Jong-un fanno notizia. E non potrebbero altrimenti, dati i particolari fra il raccapricciante e il folkloristico. L’ultima riguarda l’esecuzione di un ministro, 63enne, che sarebbe stato fucilato lo scorso luglio in quanto sospettato di esser un “agitatore antirivoluzionario e antipartito”.
La sua colpa? Avrebbe, con uno slancio di onestà, rivelato alcuni crimini. Anzi no, si è addormentato durante una seduta del Parlamento. O del consiglio dei ministri. Ma forse non è neanche un ministro, qualcuno parla di “alto funzionario”, qualcun altro dice che i funzionari sono due. E nemmeno si sa se è stato fucilato, c’è addirittura chi sostiene che quei buontemponi della Corea del Nord abbiano usato perfino la contraerea per rendere la cosa più plateale. Le fonti, d’altronde, sono quelle che sono: a parlare sono sempre i vicini del sud, con i quali è noto non corra buon sangue. Se poi a parlare sono degli anonimi (che però diventano subito “fonti autorevoli”), allora la situazione diviene ridicola quasi quanto quella del regime nordcoreano.
Una vicenda, questa, che ricorda molto quella della nazionale di calcio impegnata ai mondiali del Sudafrica nel 2010. A seguito della scontatissima eliminazione nel primo girone – riportavano le stesse voci anonime (ma autorevoli!) di Seul – i giocatori sarebbero stati tutti, allenatore e dirigenti compresi, spediti per punizione in un campo di lavoro. Circostanza che ha avuto una forte eco mediatica nonostante la smentita ufficiale e scontata sia del governo di Pyongyang che, soprattutto, della Fifa.
Nicola Mattei