Roma, 29 ago – Lo chiamano “la giungla” ma sarebbe più calzante “l’inferno”. Parliamo della baraccopoli installatasi a Calais. Qui sono accampati migliaia di immigrati in cerca di una via per raggiungere la Gran Bretagna. Una ventina di loro per notte ce la fa. Secondo i sindacati di polizia, la giungla ha già superato i 10mila abitanti. A giugno le associazioni umanitarie parlavano di 4500 persone. Se poi si aggiungono agli accampati di Calais quelli del campo di Grande-Synthe, presso Dunkerque, e le altre bidonville abusive in tutta la zona della costa arriviamo tranquillamente a 12mila abitanti.
“Ogni giorno che passa rende più pericolosa una eventuale evacuazione di massa”, dicono sempre i membri delle forze dell’ordine, secondo quanto riportato da Le Figaro. La maggior parte degli immigrati accampati sono i cosiddetti “migranti economici”, gentile eufemismo per dire che si tratta di clandestini, gente che non ha alcun titolo per essere lì o per essere accolta. Gente da rispedire a casa. Sembra facile. Tra gennaio e agosto solo 1100 di loro sono stati espulsi, con un calo del 4% rispetto all’anno precedente.
Intanto il campo è una zona di non diritto. La polizia non può penetrarvi la notte, solo un’entrata delle tante è controllata. Risse colossali si succedono, come quella scoppiata nella notte tra 22 e 23 agosto, che ha visto 400 afghani contro 400 sudanesi. Alla fine c’è stato un morto e sei feriti gravi. A Calais va in scena un’anticipazione del nostro futuro.
Giuliano Lebelli