Barcellona, 4 ott – Che futuro aspetta adesso Barcellona, inteso come la squadra di calcio più famosa al mondo? Oggi in Catalogna politica e calcio sono indissolubilmente legati dalle istanze indipendentiste. Dopo la vittoria più triste della sua storia (3-0) contro il Las Palmas, giocata domenica a porte chiuse, sono scoppiate le polemiche. I tifosi non volevano che la squadra scendesse in campo per protesta contro il governo di Madrid. I giocatori si sono consultati e davanti al rischio di avere tre punti di penalizzazione e perdere la testa della classifica hanno optato per giocare suscitando l’indignazione dei propri sostenitori.
Per recuperare, dal punto di vista dell’immagine, il Barcellona ha aderito allo sciopero generale che ha paralizzato martedì la Catalogna. Niente allenamenti per Messi e compagni. Scelta diversa, invece, per l’altra squadra di Barcellona, il Real Espanyol che ha effettuato gli allenamenti ma a porte chiuse. Due modi diversi di rapportarsi alla politica (indipendentista). Al Barca che si identifica con le istanze anti spagnole si contrappone l’Espanyol che vuole tenere ben distinti calcio e politica.
I palmares delle due squadre non sono paragonabili. Il Barca ha vinto tutto (24 campionati, 29 coppe di Spagna 5 Champions, 3 Coppe del Mondo e via elencando) i cugini in bacheca possono contare solo 4 coppe di Spagna. Disastroso il confronto nei derby cittadini: 97 vittorie contro 34 per i blaugrana. Due club anche divisi dalla storia: durante il franchismo con l’autonomia regionale abolita, i partiti catalani sciolti e l’uso della lingua catalana vietata, il Barcellona era rimasto l’unica bandiera a cui aggrapparsi. L’Espanyol già nel nome, tradotto in catalano solo nel 1995, richiama la detestata Spagna.
Per un gioco del destino l’Espanyol, che ha sempre schierato quasi solo giocatori indigeni, appare tiepido nei confronti delle istanze secessioniste in contrapposizione al Barca, fondato da uno svizzero e tradizionalmente ricco di giocatori stranieri. Anche le due tifoserie sono divise dalla drammatica attualità politica, come dimostra la presa di distanza dalle posizioni pro-indipendenza di tutte le altre principali squadre catalane. Quella dell’Espanyol è sicuramente una prova di coraggio e forse un segnale che non proprio tutti i catalani sono indipendentisti, se è vero che alla fine hanno votato sì al referendum per l’indipendenza in circa 2milioni sui 5 aventi diritto. Dunque una minoranza (o una maggioranza?) silenziosa critica nei confronti della secessione in Catalogna esiste anche se non gioca sotto i riflettori del Camp Nou.