Washington, 20 gen – Sono 73 i condannati graziati da Donald Trump è 70 le sentenze commutate nel suo ultimo giorno da presidente degli Stati Uniti. Lo rende noto la Casa Bianca. Quella del perdono last minute non è un’iniziativa del tycoon, ma una tradizione tramandata di presidente in presidente.
Bannon tra i graziati da Trump
E’ arrivata la grazia totale per Steve Bannon, ex-stratega di Trump e fondatore del media indipendente Breitbart, «perseguito con accuse relative a frodi derivanti dal suo coinvolgimento in un progetto politico». La nota precisa che Bannon è stato «un leader importante nel movimento conservatore ed è noto per il suo acume politico».
Bannon era stato arrestato ad agosto per la truffa – in concorso con altre tre persone – della raccolta fondi online We Build The Wall, lanciata per la costruzione del muro al confine tra Stati Uniti e Messico. I procuratori federali di Manhattan lo accusavano di aver «escogitato una truffa ai danni di centinaia di migliaia di donatori» con la quale Bannon e soci erano riusciti a raccogliere 25 milioni di dollari.
C’è anche un italiano
C’è anche un italiano tra i beneficiari del perdono presidenziale: si tratta di Tommaso Buti. «Il presidente Trump ha concesso la grazia totale a Tommaso Buti. Buti è un cittadino italiano e un imprenditore rispettato», si legge nella nota, in cui si sottolinea che «non è stato condannato negli Stati Uniti». Più di 20 anni fa venne accusato di frode finanziaria. Imprenditore nel campo degli orologi di lusso, nel 1995 fondò, con le socie Claudia Schiffer e Naomi Campbell, la catena dei Fashion Cafè. Da New York il modello si estese a città come New Orleans, Londra, Manila, Mexico City e Barcellona. In seguito al fallimento della catena e al mancato pagamento dei creditori Buti fu arrestato in Italia a fine 2000 su richiesta della magistratura di New York. Le accuse erano di riciclaggio e truffa aggravata. Buti non è mai stato estradato negli Stati Uniti.
Clemenza anche per due rapper afroamericani
Tra i graziati da Trump figurano anche i rapper afroamericani Lil Wayne Donald e Kodak Black. L’anno scorso Wayne (vero nome è Dwayne Carter), si era dichiarato colpevole per l’accusa di possesso illegale di armi da fuoco. Su Kodak Black (al secolo Bill Kapri), gravava una condanna per aver dichiarato il falso durante l’acquisto di armi da fuoco. Carter – che rischiava fino a dieci anni – ha ricevuto la grazia, a Kapri è stata commutata la pena. Il legale dei due, Bradford Cohen, ha confermato la notizia «Il presidente Trump e la sua amministrazione hanno sempre supportato la comunità afroamericana», dice. «La grazia è un esempio perfetto di come il governo ha dato seguito ai suoi impegni». Alla faccia del «cattivo presidente razzista».
Gli altri graziati da Trump
Perdono anche per Levandowski. L’ex ingegnere di Alphabet si impossessò dei segreti industriali dell’auto elettrica di Google quando nel 2016 fondò la startup Otto, poi passata sotto Uber. Venne condannato a 18 anni di reclusione. Con la grazia Levandowski potrà «mettere il suo talento al servizio della comunità».
E’ stato graziato anche il consigliere del tycoon Kenneth Kurson, arrestato per cyberstalking ai danni dell’ex moglie. Gli fa compagnia Elliot Brody, dirigente finanziario della campagna elettorale repubblicana, condannato per aver aggirato le norme sui lobbisti. Numerose sono poi le commutazioni di lunghe pene detentive per reati non violenti legati agli stupefacenti.
Nulla di fatto per Assange, Snowden e Giuliani
Nessun provvedimento di clemenza, invece, per il fondatore di Wikileaks Julian Assange e la talpa dell’Nsa Edward Snowden, nonostante i numerosi appelli lanciati nei giorni scorsi. Le voci sul possibile perdono per i due si erano insistentemente rincorse nelle ultime settimane. Tra i grandi assenti dalla lista dei graziati figurano Trump stesso e il suo avvocato ed ex sindaco di New York Rudolph Giuliani.
Anche gli irregolari venezuelani graziati da Trump
Il «cattivo» Trump, ha inoltre stabilito la sospensione per 18 mesi alle espulsioni di venezuelani attualmente irregolari sul territorio americano, in fuga dalla «crisi umanitaria» di cui è «responsabile il regime di Maduro». Ciò è stato possibile ricorrendo al programma Ded (Deferred Enforced Departure) con il quale è possibile ottenere permessi speciali di lavoro in Usa. Una misura che secondo i media americani potrebbe interessare circa 200.000 venezuelani negli Usa.
Il provvedimento non riguarderà i venezuelani che hanno deciso volontariamente di tornare nel loro Paese, chi non risiede in modo continuativo negli Usa e i condannati per reati gravi. Escluse anche quelle persone la cui «presenza negli Usa» viene considerata non nell’interesse degli Stati Uniti o rappresenta un pericolo per la sicurezza pubblica» o si ritiene possa avere «gravi conseguenze negative» nell’ambito della politica estera. Trump motiva la sua mossa con il «peggioramento delle condizioni all’interno del Venezuela, che rappresenta una minaccia costante alla sicurezza nazionale per la sicurezza e il benessere del popolo americano».
Cristina Gauri