Washington, 6 apr – Prima le accuse, poi la ritrattazione e infine, l’ammissione: Amazon cede alle proteste e ammette che i suoi autisti sono spesso costretti a fare la pipì in una bottiglia per non togliere tempo alle consegne.
Amazon, le repliche alle accuse sugli autisti
Le accuse ad Amazon, il colosso dell’e-commerce fondato da Jeff Bezos, sono partite da un deputato del partito democratico negli Usa. E gli è toccato ammettere, al fine, che molto spesso i suoi autisti, pur di fare in fretta nella consegna delle merci, sono costretti a urinare dentro le bottiglie per non togliere tempo al lavoro. Inizialmente, però, la società di Bezos aveva respinto categoricamente le accuse in merito da parte di un membro del Congresso. Poi, la candida ammissione, che si accompagna a una considerazione sul come negare tutto in principio sia in effetti stato “un autogol”.
Pipì nelle bottiglie
Il membro del Congresso, Pocan, ha denunciato tutto tramite un tweet: “Retribuire i dipendenti con 15 dollari l’ora non vuol dire che si tratti di un posto di lavoro all’avanguardia, soprattutto se li costringi a fare la pipì nelle bottiglie di plastica”. Negli Stati Uniti, infatti, i democratici vorrebbero che passasse una riforma sul salario minimo.
Ma prima avevano negato
“Sappiamo – ha ammesso Amazon in una nota – che a volte i nostri autisti possono avere problemi nel trovare la toilette a causa del traffico o a volte perché percorrono strade in zone rurali, e questo specialmente nel periodo della pandemia quando molti bagni pubblici sono stati chiusi”. E dire che inizialmente Amazon aveva sbeffeggiato questa ipotesi, rispondendo alle accuse del membro del Congresso rispondendo: “Veramente crede che facciano la pipì nelle bottiglie? Se fosse così nessuno lavorerebbe per noi“.
Ilaria Paoletti