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Africa: due report svelano i livelli di penetrazione di entità esterne negli apparati statali

by La Redazione
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Franco Favilla (Seasif): “​​La tracciabilità e la sostenibilità sono l’unica ricetta possibile per rendere indipendente il continente africano da un punto di vista economico”.

Sono stati da poco pubblicati due studi che fanno luce su una rete di individui e organizzazioni internazionali, che sarebbero in grado di orientare le politiche economiche di almeno nove paesi dell’Africa. Il primo, redatto dal Ghana Center of Democratic Development, prende in esame la situazione politico-economica di Ghana, Kenya, Benin, Mozambico e Nigeria; il secondo, curato da Democracy in Africa, si concentra sulla Repubblica democratica del Congo (RdC), l’Uganda, lo Zambia e lo Zimbabwe.

Questi rapporti dimostrano che in tali Paesi le decisioni politiche ed economiche sono di consuetudine dirottate da attori non responsabili nei confronti dei cittadini: delle reti composte da politici corrotti, faccendieri, alti funzionari, capi militari, organizzazioni criminali transnazionali e società internazionali. Tutto ciò ha diversi effetti, spiegano gli studi: innanzitutto una dispersione senza fine delle risorse economiche e delle materie prime a scapito dei cittadini, un numero sempre crescente di individui che vivono in stato di bisogno o in estrema povertà, e infine una sfiducia dilagante e uno scarso senso civico determinati dalla corruzione e dalla cultura dell’impunità.

Riguardo a tale ingerenza e alla continua minaccia alle libertà civili e a uno sviluppo inclusivo nei Paesi africani, abbiamo intervistato Franco Favilla, Presidente e CEO di Seasif Holding, multinazionale presente in 12 Paesi del mondo e attiva in diversi settori di prodotti e servizi, con particolare riferimento all’estrazione e al commercio dell’oro e del petrolio, con un fatturato globale tra gli 800 e 900 milioni di dollari e terzo produttore di oro del Sud America, che da poco ha lanciato un nuovo e ambizioso programma di sviluppo in Africa, basato su sostenibilità, tracciabilità e rispetto dei diritti umani.

Quanto è importante, secondo lei, il tema dell’implementazione di sistemi di tracciabilità finalizzata a contrastare lo sfruttamento delle materie prime in Africa?

“Lo sfruttamento dell’Africa da parte delle multinazionali occidentali, che da decenni depredano il territorio africano delle sue materie prime, rappresenta a mio avviso uno dei temi più importanti del nostro presente, sia da un punto di vista economico che, soprattutto, da un punto di vista etico: spesso le multinazionali, con l’intento di massimizzare i profitti, si sono rese responsabili della violazione dei diritti fondamentali dell’uomo – in particolare dei diritti dei lavoratori – e dei principi internazionali in materia di protezione e salvaguardia dell’ambiente.

Al momento l’Africa è un campo di battaglia in cui si affrontano le grandi potenze mondiali per assicurarsi il controllo della materie prime, fondamentali per l’economia di oggi e di domani. Questo scontro viene combattuto senza nessun rispetto per l’ambiente, e quindi per la salute, dei popoli africani; e i governi nazionali spesso non hanno avuto la forza economica o il peso politico necessario a opporsi.

L’Africa, insomma, è stata svenduta per decenni, nel silenzio complice dell’Occidente. Per questo, noi del Gruppo Seasif, abbiamo lanciato un nuovo, ambizioso programma di sviluppo in Africa che ritengo rivoluzionario, in quanto interamente basato su sostenibilità e tracciabilità e nel pieno rispetto dei diritti umani”.

Come opera e in cosa consiste questo programma di sviluppo?

“Attraverso la creazione di un dipartimento aziendale ad hoc, il cui compito è duplice. Da un lato, assistiamo le aziende locali nelle fasi di estrazione e lavorazione delle materie prime, assicurandoci che l’intera filiera produttiva sia green, ovvero sostenibile da un punto di vista ambientale, e che le risorse economiche messe in campo siano pulite (quindi niente denari privi di tracciabilità o di dubbia provenienza, come purtroppo spesso accade in paesi emergenti). Dall’altro, siamo al fianco dei governi nazionali per fare in modo che che siano loro stessi a vendere direttamente le materie prime nei mercati primari. Molte nazioni hanno già aderito alla nostra iniziativa, soprattutto nella zona centrale del continente. La tracciabilità e la sostenibilità sono l’unica ricetta possibile per rendere indipendente il continente africano da un punto di vista economico”.

Come mai non si è proceduto prima in questa direzione?

“Perché purtroppo, per sua natura, il sistema economico riesce a guardare soltanto nel breve periodo, e quindi si è preferito sfruttare al massimo un territorio senza pensare al futuro. La verità è che basta avere un po’ di visione a lungo termine per capire che un’Africa realmente sviluppata potrà, a sua volta, nel corso dei prossimi decenni, portare enorme beneficio all’intera economia mondiale”.

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