Città del Messico, 28 mag – Il 1 gennaio 1994 con un vero e proprio colpo di mano, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale occupava militarmente i principali comuni della regione del Chiapas, nel sud-est del Messico, in risposta all’entrata in vigore del trattato di libero mercato firmato dal Messico con Stati Uniti e Canada. Nella città di San Cristobal momentaneamente controllata dalle forze zapatiste la gestione delle operazioni è affidata a quello che ha tutta l’aria di essere il leader della formazione paramilitare. Ha un fazzoletto rosso al collo, una cartucciera in spalla e un passamontagna calato sul volto dal quale esce una pipa fumante. Ad un turista indispettito dalla presenza di centinaia di uomini armati che chiudevano le vie d’accesso alla città risponde “Ci dovete scusare per il disagio, questa è una rivoluzione”.
Ecco in soldoni la prima apparizione pubblica del subcomandante insurgente Marcos, quello che fino ad oggi è stato il capo dell’insurrezione degli Indios messicani, in guerra da ormai vent’anni contro il governo centrale per l’autodeterminazione e la difesa dei diritti delle popolazioni native in Chiapas e in tutto il Messico. Fino ad oggi, perché con un comunicato ufficiale trasmesso tramite i propri canali di diffusione l’EZLN annuncia la morte simbolica di Marcos, ritenuta come ormai necessaria per dare nuova linfa alla causa zapatista e allo stesso tempo rimarcare l’impersonalità della battaglia portata avanti dai ribelli messicani.
In questi venti anni di storia sotto la leadership del subcomandante Marcos (anche se lui si è sempre definito esclusivamente un portavoce) l’ EZLN è diventato una vera e propria forza rivoluzionaria radicata e strutturata in gran parte del territorio, con municipi autonomi (MAREZ) e una larghissima base d’appoggio nella popolazione, soprattutto tra le fasce più povere del paese.
Il personaggio politico del “Sup” è superato di gran lunga dalla sua fama a metà tra il mito e la realtà, così che anche nel resto del mondo la sua figura e quella di tutto l’EZLN è diventata simbolo di una ribellione anti liberista, purtroppo troppo spesso caduta nella pura banalizzazione di un semplice brand pubblicitario. La sua scomparsa negli ultimi anni aveva destato clamori e suscitato ipotesi sul percorso futuro della ribellione zapatista e il suo ritorno, anche se solo per annunciare la propria “morte”, dissolve ogni dubbio su quello che sarà ora il compito dell’Esercito di Liberazione: “Questo personaggio è stato creato e ora i suoi creatori, gli zapatisti e le zapatiste, lo distruggono. Comprendere questo significa capire qualcosa di fondamentale per noi”. Ecco quindi che il gesto del subcomandante Marcos vuole essere un vero e proprio atto di affermazione della causa rivoluzionaria contro il semplice culto della personalità, e prova ne sia il passaggio del comando all’amico Galeano morto (lui veramente) in uno scontro a fuoco pochi giorni fa.
La lotta per l’autodeterminazione dei nativi messicani perde forse il leader più carismatico che abbia mai avuto e la voce dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale torna così ad essere quella di un’intera comunità in lotta per la sopravvivenza.
Michele de Nicolay
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