Roma, 23 apr – Chi scrive non ha affatto una visione incantata di Marine Le Pen, per vari motivi che sono stati spiegati in diversi articoli apparsi nel corso di questi ultimi anni sul presente giornale. Il Front national non è un partito rivoluzionario e non è nemmeno “fascista”, come credono i suoi nemici accecati dall’odio e i suoi amici accecati dall’entusiasmo. Fatte queste premesse e chiariti questi distinguo, un altro punto però va fissato con chiarezza e nettezza cristallina: i patrioti europei hanno il dovere di sperare in una vittoria di Marine Le Pen, i patrioti francesi hanno il dovere di votarla affinché arrivi a tale vittoria.
Vittoria che, diciamolo subito, sarà molto difficile arrivi, per tutta una serie di problematiche legate al sistema elettorale e alla società francese. Ma, per quello che vale (probabilmente nulla), va ribadito che bisogna assolutamente tifare Le Pen. Tra i sei principali candidati alle presidenziali, Marine è l’unica per cui la Francia sia qualcosa di più che un’espressione geografica. È l’unica che mostri nei confronti del problema immigratorio almeno un briciolo della necessaria radicalità. È l’unica nemica dichiarata della globalizzazione in tutte le sue forme. È l’unica che abbia una visione dei rapporti internazionali minimamente lucida. È l’unica che sappia interpretare le istanze del proletariato europeo, dimenticato dalle sinistre e mai amato dalle destre. Nel suo discorso dopo l’attacco degli Champs Elysées, è stata capace di pronunciare, accanto a ricette molto pragmatiche su come affrontare il terrorismo, anche frasi come questa: “Faccio appello al risveglio dell’anima millenaria del nostro popolo”. Cose che non hanno praticamente corso legale, in Francia, come ormai quasi ovunque. È anche una dei pochi leader “populista” che sappia unire un certo coraggio con atteggiamenti non clowneschi.
Ma, anche al di là di tutto questo, bisogna sostenere Marine non tanto per ciò che è, ma soprattutto per ciò che appare ai suoi avversari. Una vittoria del Front national avrebbe l’effetto di un simbolo, di un terremoto culturale. Proprio perché le élite mediatico-finanziarie l’hanno eletta a simbolo del male assoluto, una sua vittoria avrebbe connotazioni assolute, anche se i suoi meriti sono solo relativi. È appena possibile immaginare cosa significherebbe, per il pensiero dominante, il fatto che “la patria dei diritti dell’uomo” elegga il diavolo (che tale resta, nonostante una goffa dédiabolisation). Ce n’è abbastanza, insomma, per dire “Forza Marine”. Nonostante tutto.
Adriano Scianca
1 commento
Scianca è un piacere leggerla!