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Weidmann: “Sui conti l’Italia non è certo un modello”. Perché, la Germania?

by Filippo Burla
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weidmann euroRoma, 17 mag – “A mio parere non c’è contrasto tra crescita e solidità dei bilanci. E sui conti pubblici, l’Italia non è certo un modello”. Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank, interviene così a gamba tesa sulla trattativa in corso fra l’Italia e l’Unione sulle clausole di flessibilità.

E’ una doccia fredda per Padoan, da tempo impegnato a limare qualche percentuale in più di deficit per tentare di consolidare quel poco di ripresa tramite la leva della spesa pubblica. Un’eventualità che non sembra però trovare d’accordo la Germania, che dall’inizio della crisi si è frapposta sul bivio obbligando più o meno l’intera Europa a prendere dell’austerity. Strada sulla quale sembra volersi porre anche Weidmann, che anzi rilancia: “Sarebbe opportuno creare una commissione indipendente incaricata di valutare oggettivamente il rispetto delle regole. Si solleverebbe così la Commissione da questo compito, separando l’analisi economica dalle decisioni politiche”. Insomma, laddove più Europa non ha funzionato – vedi alla voce Grecia, ma anche Spagna, dove nonostante la sedicente crescita la disoccupazione è fissa sopra al 20%, e pure l’Italia – la soluzione sarebbe…ancora più Europa. O più Germania, se è lecito puntualizzare.

Perché sì, forse è vero che l’Italia non ha mai brillato per dinamismo dei conti. E’ però anche vero che la spesa pubblica è una componente essenziale del Prodotto interno lordo. E se logica matematica vuole, tagliando la spesa pubblica ne risulta una contrazione del Pil. Ma poi, erano davvero i conti pubblici il problema? No, perché nell’eurozona il vero problema non riguarda il debito sovrano bensì il debito estero: con un cambio fisso e le politiche monetarie decise a livello centrale, vince chi riesce a fregare i soci con scelte commerciali drogate da una valuta artificiale. Non è un mistero che l’euro, rispetto al fu marco, sia decisamente svalutato, mentre rispetto alla lira, alla peseta, alla dracma, sia invece decisamente sopravvalutato. Il risultato è uno e soltanto uno: la Germania, forte di una moneta artificiosamente più debole della sua economia, ottiene surplus commerciali a danno degli altri paesi europei, traducendo il tutto in un trasferimento di ricchezza dalla periferia (mediterraneo in primis) al centro.

Ecco spiegate la crisi Greca, l’austerità, il nostro declino industriale. E continuare a puntare il dito, come fa Weidmann in pieno spirito protestante alla stregua della “predestinazione” (se l’Italia è in crisi la colpa è solo della non benevolenza divina, quindi siamo costretti a subire), rischia peraltro di ritorcersi contro la Germania stessa, che sarà alla fine dei conti l’unica colpevole dell’implosione – o del nuovo livello di equilibrio molto più in basso, in termini di ricchezza, occupazione produzione industriale rispetto a pochi anni fa, il che è lo stesso – della zona euro, perché il giochetto non può durare in eterno. A meno di non voler spingere per una redistribuzione della ricchezza, che prenda la via contraria a quella attualmente in essere. Ma Weidmann sarebbe d’accordo? E soprattutto: davvero dovremmo dipendere ancora di più dalla benevolenza di Berlino nell’aprire i cordoni della borsa?

Filippo Burla

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1 commento

Milo 17 Maggio 2016 - 12:57

La Germania ha avviato il reclutamento di 14.300 nuovi soldati solo per l’Esercito per i prossimi anni (da Difesa Online). Che si stia preparando a qualcosa di brutto anche in ambito casereccio?

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