Roma, 11 dic – La vicenda delle quattro banche salvate dal governo con un Decreto che però, allo stesso tempo, ha gettato nella disperazione tanti risparmiatori che avevano acquistato le obbligazioni subordinate, sta tenendo banco in Italia da alcuni giorni.
Ma non ci sono solo Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti nell’occhio del ciclone. Nel nord Italia c’è una realtà creditizia che andrebbe monitorata costantemente perchè negli ultimi anni a brillare nei Cda sicuramente sono stati i guadagni personali e non di certo la trasparenza.
L’istituto di cui stiamo parlando è Veneto Banca che è stata definita da un portavoce dell’Istituto ‘la Lehman Brothers montebellunese‘ in accordo con quanto riportato da IlGazzettino.it. La Banca d’Italia è intervenuta quasi due anni fa con rilievi pesantissimi sui bilanci e imponendo di fatto un cambio al vertice dell’istituto. Ricambio che è stato solo parziale, dato che appunto l’amministratore delegato Vincenzo Consoli, vero e proprio dominus della banca, è rimasto ai vertici in qualità di direttore generale fino alla fine di luglio.
Ad oggi c’è ancora in essere un’inchiesta formale, ci sono forti dubbi sulla contabilità e sulla metodologia adottata per determinare il prezzo delle azioni (non quotate), emergono prassi e consuetudini non propriamente lecite per l’erogazione dei crediti, cresce il sospetto che gli stress test della Bce siano stati superati grazie a maquillage contabili.
Ma Veneto Banca, a differenza delle quattro banche oggetto del decreto, non riceverà alcun aiuto dal governo ma si rafforzerà con un aumento di capitale e con la quotazione in Borsa. Ma questo percorso non sarà certamente una passeggiata per i vecchi azionisti in quanto i titoli attualmente, essendo non ancora quotati, possono essere ricomprati solo dall’istituto di credito ad un prezzo talmente irrisorio da non sembrare reale.
Il prezzo dei titoli è stato difatti fissato a 7,30 euro contro il 39,50 euro stabiliti lo scorso aprile in accordo con quanto riportato dall’Associazione Altroconsumo che per i titoli Veneto Banca, e per quelli della Banca Popolare di Vicenza, parla di ‘quelle azioni di cui non ti liberi‘.
Per i piccoli azionisti di Veneto Banca le strade irte e difficoltose sono due: o si accetta il prezzo di 7,30 euro offerto in recesso accollandosi però così una perdita di valore pari all’81%, oppure attendere la quotazione in Borsa e sperare in un risanamento dell’istituto che porti il titolo a rivalutarsi nel tempo.
Se ne saprà di più a conclusione dell’assemblea straordinaria dei soci di Veneto Banca che è fissata per il 19 dicembre del 2015 quando all’ordine del giorno ci sarà la trasformazione dell’Istituto in società per azioni, e l’approvazione di un aumento di capitale da 1 miliardo di euro in vista della quotazione in Borsa.
Quel che è certo è che in assenza di una supervisione politica e statale esterna, il settore creditizio diventa una giungla di disavventure per gli sventurati piccoli risparmiatori ma al contempo un forziere senza fondo per molti sciacalli in giacca e cravatta.
Giuseppe Maneggio