Roma, 13 nov – Le tasse continuano ad essere il principale ostacolo alla crescita dell’economia italiana. La pressione fiscale in Italia ha raggiunto il 43,8 per cento. Un livello mai toccato in precedenza. Questo è quanto riporta l’ultimo report della Cgia di Mestre. Siamo già abituati a notizie come questa, però stavolta c’è una novità. Il record raggiunto in questi ultimi dodici mesi a detta degli artigiani mestrini non è dovuto ad un aumento delle tasse su famiglie ed imprese. Sembra strano, ma è così. Vediamo perché.
Ciò che aumenta le tasse
Tre, infatti, sono i fattori congiunturali che hanno contribuito all’aumento delle tasse. Il primo è dovuto all’aumento dell’inflazione che ha fatto aumentare le imposte indirette. Il secondo deriva dal miglioramento economico nella prima parte dell’anno che ha favorito la crescita delle imposte dirette. L’ultimo fattore è dovuto alla cancellazione di proroghe e sospensioni tributarie introdotte nel biennio 2020-2021.
C’è poi un altro punto che non possiamo fare a meno di sottolineare ed è quello che riguarda l’assegno unico. Questa misura ha sostituito le “vecchie” detrazioni per i figli a carico. Un provvedimento che (a parità di condizioni) ha delle evidenti implicazioni sul calcolo della pressione fiscale. Se le detrazioni riducevano l’IRPEF da versare al fisco, la loro abolizione ha incrementato il gettito fiscale complessivo annuo di circa 8,2 miliardi di euro.
Infine, ultimo ma non ultimo, segnaliamo che secondo i dati resi noti nei giorni scorsi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (gennaio settembre 2022), le entrate erariali, rispetto allo stesso periodo del 2021, sono cresciute di 37 miliardi di euro: di cui 5,5 miliardi di Irpef, 8,9 miliardi di Ires e 17,8 miliardi di IVA. Ed ecco come è stato raggiunto il record di pressione fiscale. Tuttavia ci sono altri dati da analizzare bene per capire quanto le tasse pesano sull’economia nazionale.
Sempre la Cgia ricorda che l’introduzione del bonus Renzi ci impone una doppia lettura sul peso dell’erario: una al netto degli sgravi fiscali che tocca il 41,9 % del Pil e quella “ufficiale” che arriva a 43,8%. Senza scordarsi la terza e più importante quella reale. Quest’ultima si ottiene depurando dal Pil nazionale la quota riconducibile all’economia non osservata che ovviamente non “produce” gettito. Il ragionamento è matematico. Se partiamo dal presupposto che la pressione fiscale è pari all’incidenza percentuale del rapporto tra il gettito erariale e il Pil, se quest’ultimo termine diminuisce (perché si sottrae la quota riconducibile al sommerso), il risultato finale aumenta. Per l’anno in corso, infatti, la pressione fiscale reale in capo ai contribuenti fedeli al fisco si avvicina ormai al 50%. In pratica le tasse divorano la metà delle entrate di che è in regola con il fisco. Un bel modo per premiare i contribuenti onesti.
E gli altri Paesi?
Vediamo ora quello che succede nelle altre nazioni europee. Gli ultimi dati a disposizione riferiti al 2021, ci dicono che nell’UE a 27 l’Italia è al quinto posto. Solo Danimarca (49% del Pil), Francia (47%), Belgio (45,4) e Austria (43,6) presentano un carico fiscale superiore al nostro (43,4% del Pil). Se in Germania la pressione fiscale è 42,3%, in Spagna è al 38,8% e in Irlanda (paese che registra il livello più basso di tutta UE) è addirittura al 21,7%.
Come se non bastassero le tasse ci si mette anche il cattivo funzionamento della burocrazia fiscale. Questo dato pesa molto soprattutto sulle piccole aziende che a causa delle loro dimensioni non possono permettersi di destinare un addetto al solo disbrigo delle incombenze burocratiche. Vediamo qualche cifra. Secondo le ultime statistiche disponibili elaborate dalla Banca Mondiale (Doing Business 2020), gli imprenditori italiani, come i colleghi portoghesi, “perdono” 30 giorni all’anno (238 ore) per raccogliere tutte le informazioni necessarie per calcolare le imposte dovute, per completare tutte le dichiarazioni dei redditi e per presentarle all’Amministrazione finanziaria, per effettuare il pagamento on line o presso le autorità preposte.
In Francia per espletare le incombenze burocratiche derivanti dal pagamento delle tasse sono necessari solo 17 giorni (139 ore), in Spagna 18 (143 ore) e in Germania 27 (218 ore), mentre la media dell’Area dell’Euro è di 18 giorni (147 ore). I dati si riferiscono a una media impresa (società a responsabilità limitata), al secondo anno di vita e con circa 60 addetti.
In sintesi per pagare meno e “meglio” le tasse è necessario mettere mano a tutto l’apparato burocratico del fisco. In caso contrario le imprese specie quelle più piccole verranno schiacciate da questo meccanismo infernale.
Salvatore Recupero
1 commento
Tutto questo guazzabuglio per stare sulla linea di galleggiamento? Falliti, falliti ed ancora falliti.