Roma, 13 mar – Il tanto atteso taglio delle tasse e dei contributi sociali? Non ci sarà, se non a partire da maggio. Coperture permettendo. Nel consiglio dei ministri di ieru sera, che doveva affrontare di petto l’annoso tema del cuneo fiscale sul lavoro, il governo si è limitato a rinviare la decisione ad un decreto da approvarsi nei prossimi tempi.
Scelta che significa tutto ed il contrario di tutto, prorogando così la decisione a data da destinarsi. Non si avrà quindi, nell’immediato, alcun intervento né sull’Irap a carico delle imprese né tanto meno sull’Irpef che grava sulle spalle dei lavoratori. Renzi aveva promesso, in un’intervista, che da aprile le buste paga avrebbero scontato meno oneri per 100 euro, in modo da dare un beneficio a chi percepisce meno di 1.500 euro al mese. Al momento, anche questa strada é congelata e non è detto d’altra parte che possa essere perseguita: nell’ambito della maggioranza si registra infatti una spaccatura fra chi spinge per destinare tutte le risorse alle imprese e chi invece chiede di avere un occhio di maggior riguardo per i lavoratori.
Proprio le risorse sono il nodo attorno al quale ruota la questione. Le coperture, come previsto e nonostante i roboanti annunci che si sono spinti fino ai 20 miliardi, allo stato attuale non ci sono e nemmeno è detto che vengano trovate. Le strade percorribili al fine di reperire quanto necessario sono o erano almeno quattro: spending review, rientro dei capitali esteri, tetto al deficit.
Per quanto riguarda la prima, il commissario Cottarelli è da mesi al lavoro per cercare fra le pieghe del bilancio dove intervenire senza ricorrere all’abusata accetta dei tagli lineari. Si punta principalmente a rafforzare gli acquisti centralizzati attraverso il metodo Consip, passando poi per gli enti da sopprimere e fino all’applicazione dei costi standard in sanità. Il tutto per un ammontare massimo, nell’anno in corso, di tre miliardi. Due in meno rispetto agli annunci del premier che parla di almeno sette miliardi da reperire attraverso la revisione della spesa pubblica, di cui cinque da destinare alle esigenze di riduzione del cuneo.
In merito al rientro dei capitali, anche in questo caso si palesa una problematica di non secondaria importanza: al di là dell’efficacia dello strumento, il relativo decreto è ancora all’esame del Parlamento e non è detto che venga approvato in tempi brevi. Qualora dovesse comunque giungere a destinazione, poi, si aprirebbe la partita dei decreti attuativi e dei tempi tecnici per incassare effettivamente quanto previsto.
L’ultima via sembra così diventare la più percorribile. I margini ci sono, stante che le previsioni parlano di un rapporto deficit/Pil al 2.5%-2.6% nel 2014. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan non sembra però entusiasta dell’eventualità di ricorrere a questa leva, che fa perno su cifre risicate e sulle quali, peraltro, le previsioni degli ultimi anni sono sempre state riviste in peggioramento rispetto alle stime preliminari.
Filippo Burla