Roma, 21 dic – Le statistiche, come sanno tutti quelli del mestiere, possono essere rigirate quasi a piacimento per far uscire un risultato desiderato. Allora conviene ricorrere a istituti il più lontani possibile dal centro d’interesse. Eurostat può fare al caso nostro, perché nella prospettiva dell’Unione europea, l’Italia non è che uno dei 28 membri. E allora si scopre niente di meno che i lavoratori italiani che ancora sostengono la maggioranza lo fanno a proprio danno, nella migliore tradizione del masochismo di sinistra.
Se da tempo, infatti, abbiamo stabilito che in realtà Renzi e Padoan hanno fatto peggio di tutti in economia, se ottobre e novembre hanno lanciato inequivocabili segnali di declino nell’economia reale, se infine secondo l’Ocse la qualificazione dei lavoratori italiani va a picco, Eurostat ora certifica che le retribuzioni dei lavoratori stessi nel terzo trimestre di quest’anno sono rimaste esattamente allo stesso valore nominale del medesimo periodo dell’anno scorso. Nonostante, infatti, una diminuzione del cuneo fiscale sul lavoro – risultato del jobs act – che nel periodo luglio-settembre del 2015 è sceso dell’1,5% rispetto agli stessi tre mesi del 2014, trascinando il costo totale del lavoro verso il basso dello 0,4%, le retribuzioni si sono fermate a un deludente 0,0%. Nel quadro europeo, l’Italia ha fatto quasi peggio di tutti, superata in negativo solo da Portogallo, Slovenia e Cipro. A significare che il governo Renzi ci ha messo più di uno zampino, e lo ha fatto molto male.
Osservando l’andamento nel tempo delle dinamiche del costo del lavoro, separato tra somme in busta paga e imposte varie, è facile accorgersi che tra le due componenti non c’è quasi correlazione, perché evidentemente le tendenze sempre più traballanti dell’economia reale hanno prevalso di gran lunga sugli effimeri interventi governativi. Qualcuno dovrebbe spiegare allora come sia possibile attendersi una crescita del tenore sbandierato dalla fallibile coppia governativa per l’anno venturo – +1,6% di Pil – a fronte di consumi che non possono aumentare, anche perché più che tassi d’interesse inferiori a zero, come quelli imposti dalla Banca centrale europea, non si può fare, come la Federal Reserve ha appena dimostrato.
Peggio ancora, qualcuno dovrebbe anche spiegare ai lavoratori che, illusi dalle sparate renziane, hanno contratto mutui e prestiti di varia natura, quanto spaventosa sia la loro esposizione – leggasi potenziale insolvenza – di fronte a un anche pur minimo aumento dei tassi d’interesse. Di quali altre catastrofi, dopo quella recente delle banche fallite, ci sarà ancora bisogno prima che anche i lavoratori si accorgano della terribile illusione e dell’incapacità del governo?
Francesco Meneguzzo