Roma, 1 ago- Il premier Matteo Renzi si è detto “molto soddisfatto” delle performance economiche nei primi sei mesi delle società controllate dallo Stato. Eni, Enel e Finmeccanica hanno infatti archiviato un primo semestre di tutto rispetto, in controtendenza rispetto ai contesti nazionale ed internazionale.
Eni, nello specifico, è la realtà che colpisce di più. Nonostante il prezzo del greggio in continuo calo e ben al di sotto dei livelli anche di solo un anno fa, il cane a sei zampe riesce a contenere la discesa nei fondamentali di bilancio: cala l’utile netto rettificato, che si mantiene comunque in territorio positivo a quota 800 milioni di euro. Pesa il barile al di sotto dei 60 dollari, ma rispetto alle concorrenti Eni ha una marcia in più. Negli ultimi tempi è infatti costantemente aumentata la produzione di petrolio e gas, segno che la società guidata da Claudio Descalzi procede con la strategia già individuata dal suo predecessore Paolo Scaroni di puntare forte sull’upstream. Una mossa azzeccata: “Abbiamo iniziato prima degli altri la cura, principalmente per ristrutturare tre dei quattro nostri business che perdevano tranne l’esplorazione e produzione. Il piano ci assicura la tenuta nel quadriennio anche a 60 dollari, ma possiamo reggere anche al di sotto”, ha spiegato al Sole 24 Ore l’amministratore delegato.
Numeri positivi anche da Enel, che archivia i primi sei mesi con utili in crescita del 10% a 1.83 miliardi e continua con passi lenti ma costanti la riduzione del gigantesco debito, ormai stabilmente sotto i 40 miliardi dopoi che aveva -meno di cinque anni fa- superato abbondantemente i 45. Una riduzione di circa un miliardo ogni anni, senza che ciò abbia eccessivamente intaccato la redditività aziendale né la politica dei dividendi nei confronti dei soci.
Offre spiragli di ottimismo anche Finmeccanica, che riesce a tornare all’utile dopo molti trimestri in negativo.
Nel frattempo sono usciti anche i risultati di Poste Italiane, che nella prima metà dell’anno e dopo le svalutazioni operate in precedenza vede l’utile pressoché raddoppiare da 222 a 435 milioni di euro, in linea con i numeri di tutto rispetto della vecchia gestione Sarmi.
Nonostante le indicazioni assolutamente positive, il governo non è intenzionato a deviare dall’ormai tracciata linea delle privatizzazioni delle aziende pubbliche. Dopo la cessione di un’ulteriore quota di Enel lo scorso inverno, ieri l’assemblea dei soci di Poste Italiane ha dato il via libera alla quotazione della società, che dovrebbe nelle intenzioni sbarcare a Piazza Affari entro la fine dell’anno. Dalla vendita sul mercato del 40% della società con sede all’Eur il governo punta ad incassare fra i 6 e gli 11 miliardi. Una forchetta ampia ma che molto probabilmente si collocherà nella parte bassa, segnando -insieme alla ventura di Ferrovie dello Stato, attesa nel 2016- l’ennesimo passo indietro di uno Stato che ormai non è più capace neanche di gestire il proprio ricchissimo patrimonio.
Filippo Burla
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