Roma, 18 dic – Quasi sessant’anni per passare dal miracolo economico alla piena deflazione. Era dal 1959 che i prezzi, su base annua, non scendevano. Sono serviti anni di recessione e stagnazione, insieme a governi tecnici e austerità euro-imposta, per centrare il non tanto ambito risultato.
A segnalare la discesa nel livello generale dei prezzi non è l’Istat ma la Cgia di Mestre, che ha elaborato un paniere, pur basato sui dati dell’istituto, “alternativo” rispetto a quello ufficiale. “Nel 2016 i prezzi al consumo per i cittadini italiani sono mediamente diminuiti dello 0,1 per cento. Ciò non avveniva dal lontano 1959 e il nostro paese è in deflazione”, spiegano della Cgia. La riduzione è generalizzata, soprattutto per quanto riguarda beni di largo e larghissimo consumo, mentre i (pochi) valori in crescita non riescono a trainare l’indice all’insù. E’ vero che il basso prezzo del petrolio ha aiutato, ma i beni energetici non sono i soli. A segnare il record sono quelli tecnologici, che fra computer desktop e televisioni segnano cali fra -11 e -3,8%, seguiti dagli energetici e poi a stretto giro da molti alimentari di amplissima diffusione come zucchero, pomodori, arance, riso, burro, carne suina. Fra gli aumenti si segnalano invece i servizi postali, il pesce, le mele e i servizi idrici.
“Il calo del prezzo di alcuni prodotti è sicuramente una buona notizia per i consumatori ma un problema per l’economia italiana che fatica a crescere. Solo nel 1959 i prezzi sono diminuiti ma il PIL cresceva del 7 per cento, nel 2016, invece, la crescita dell’economia italiana è inferiore all’1% e la deflazione esiste perché la domanda è debole e i consumi sono troppo lontani dai livelli pre-crisi“, sottolinea il coordinatore dell’ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo. “L’artigianato, il piccolo commercio e il lavoro autonomo – aggiunge il Segretario dell’associazione mestrina, Renato Mason – vivono soprattutto di domanda interna. I soli consumi delle famiglie rappresentano più del 60 per cento del Pil italiano mentre le esportazioni nette appena il 3%. E nonostante i consumi delle famiglie abbiano registrato una leggera ripresa negli ultimi tre anni, purtroppo questi sono circa 5 punti percentuali al di sotto del livello del 2007. La domanda è debole e questo influisce sul livello dei prezzi che continuano a scendere, comprimendo i margini di guadagno delle imprese”.
Filippo Burla
2 comments
Un buon inizio potrebbe essere aumentare gli stipendi dei lavoratori, riportare in Italia le aziende delocalizzate e riprendere i commerci con la Russia….
Evidentemente vivo su Marte, oppure non so leggere: la spesa la faccio anch’io e di prezzi di beni d’acquisto comune veramente in calo non vedo l’ombra. Che sia un’invenzione per poter abbassare le paghe, in prospettiva? Per “spegnere” (insinuando sensi di colpa o di inadeguatezza) le lagnanze di chi “non arriva a fine mese”?