Roma, 6 mag – Doccia fredda per le imprese. Da ieri, con solo tre rate insolute l’imprenditore può subire l’esproprio del bene dato in pegno. Questo è ciò che prevede l’articolo 2 al comma 5 del Decreto legge sulle banche n.52 varato due giorni fa. Questo provvedimento mira a accelerare il recupero dei crediti da parte delle banche. Viene così introdotto il cosiddetto patto marciano. Si tratta di un accordo con il quale il debitore, a garanzia della soddisfazione di un proprio debito, mette a disposizione un proprio bene, con l’intesa che, verificatosi l’inadempimento, detto bene passerà in proprietà del creditore. Le parti, ovviamente, sono libere di apporre questa clausola. Ma, ciò che viene presentato come una nuova opportunità a tutela del creditore, rischia, però, di avere effetti vessatori e controproducenti.
Vediamo perché. Con il patto marciano, l’imprenditore può garantire un prestito con un immobile: se non paga tre rate anche non consecutive, dopo sei mesi la banca può farlo vendere. Questa clausola vale per i contratti futuri e per quelli vecchi se aggiunto con atto notarile. Si può parlare di inadempimento inoltre quando il mancato pagamento si protrae per oltre sei mesi dalla scadenza anche di una sola rata, se il rimborso è a rate superiori al mese. Se il debitore non paga il creditore si rivolge al Tribunale e, decorsi sessanta giorni, può nominare un perito terzo per la valutazione dell’immobile.
Quando si parla di banche, perfino un bambino capisce la sproporzione di forze tra debitore e creditore. Oggi un imprenditore è disposto a tutto pur di avere un prestito da una banca. Dopo anni di stretta creditizia è disposto ad accettare qualsiasi condizione, anche la più iniqua. Ed è in questi casi che la politica deve difendere l’economia reale. L’impresa e la banca non possono essere messe sullo stesso piano. Il debitore è un soggetto che merita una tutela specifica. Chi chiede prestiti per investire traina l’economia.
E questo dunque sarebbe un governo amico delle imprese? Pare proprio di no. Ecco perché tale provvedimento è dannoso per l’intera economia e non solo per le imprese. Anche se il legislatore ha voluto mostrarsi comprensivo nei confronti dei debitori morosi. È stato introdotto, infatti, il «pegno mobiliare non possessorio» in modo da permettere alle imprese di continuare a produrre reddito anche in fase di accesso al credito. “In base al decreto, l’imprenditore potrà costituire il pegno sui beni mobili destinati all’esercizio di impresa continuando a utilizzarli nel processo produttivo, senza subire lo spossessamento”. Ma, quale utilità economica può trarre un istituto di credito da un pignoramento non possessorio di un macchinario? Rafforzeremo, forse, le nostre banche pignorando qualche tornio o qualche montacarichi?
E qui arriviamo al punto, forse al punto più importante: l’inefficacia di questo provvedimento. “Secondo il Tesoro- come riporta il Corriere della Sera- con il patto marciano il creditore potrebbe ottenere l’immobile in 7-8 mesi rispetto ai quaranta attualmente stimati per le esecuzioni immobiliari attraverso la procedura giudiziale”. Come era già stato detto, al netto dei discorsi su aggregazioni et similia, sulle banche italiane gravano circa 200 miliardi di sofferenze”. Serve a poco anticipare i tempi delle esecuzioni quando poi l’immobile rimane invenduto a causa della staticità del mercato immobiliare. Le banche, così avranno case invendute invece di crediti inesigibili. Quale vantaggio, dunque, avrà il nostro sistema creditizio? Questo ancora non è chiaro. Ma c’è un altro dato che non possiamo non aggiungere: secondo l’analisi di Unimpresa, basata su dati di Banca d’Italia, a febbraio 2016 sul totale di 154,6 miliardi di sofferenze delle imprese italiane (aziende e imprese familiari), 62,3 miliardi sono legati al mattone (40,30%). In particolare, sul totale di prestiti concessi dagli istituti di credito e non ripagati dalle imprese, pari a 154 miliardi, più di sessantadue miliardi si riferiscono, infatti, al settore delle attività immobiliari e a quello delle costruzioni; mentre altri trentasei miliardi sono relativi a prestiti concessi all’industria (manifattura ed estrazione). Secondo Paolo Longobardi presidente di Unimpresa: “Bisognava andare in una direzione diversa: più che dare una mano alle banche ad acquisire la proprietà dei beni delle imprese con il pegno non possessorio, era opportuno mettere quei settori, che rappresentano il traino dell’economia italiana, nelle condizioni di ripartire, crescere e quindi tornare a pagare con regolarità anche le rate dei finanziamenti concessi dagli istituti di credito”.
Proviamo a fare anche qualche altro esempio. In Banca Etruria i maggiori crediti inesigibili sono nel settore immobiliare con Francesco Bellavista Caltagirone, la coop Castelnuovese del presidente Lorenzo Rosi, l’altra coop rossa del mattone Consorzio Etruria. Raramente il settore manifatturiero è stato causa di insolvenza per le banche. Lo stesso non si può dire per i palazzinari. Il governo ancora una volta ha preso un abbaglio. Con queste misure di politica economica l’Italia non riparte. Con buona pace di Renzi & Co.
Salvatore Recupero
1 commento
“L’impresa e la banca non possono essere messe sullo stesso piano.”
Faccio i complimenti all’ autore per questa considerazione fondamentale.
Le imprese infatti hanno la importante funzione sociale di creare lavoro mentre le banche non fanno che arricchire sempre piu’ con l’usura le poche famiglie che dominano il mondo. Eppure gli aiuti di stato vanno alle banche private mentre l’impresa privata non ha spesso alcun aiuto ed è strozzata dalle tasse che servono solo a pagare la moneta debito!!!
L’articolo poi dice;”Serve a poco anticipare i tempi delle esecuzioni quando poi l’immobile rimane invenduto a causa della staticità del mercato immobiliare. Le banche, così avranno case invendute invece di crediti inesigibili. Quale vantaggio, dunque, avrà il nostro sistema creditizio? Questo ancora non è chiaro.” Invece è chiarissimo; i proprietari delle banche in cambio di carta e denaro creato privatamente dal nulla vogliono prendersi tutti i beni della nazione per schiavizzarci per il loro progetto di dominio assoluto.
Oggi le banche italiane e banca d’italia sono tutte private e controllate dai soliti e oramai ben identificati banchieri plutocrati stranieri. Nel 1992 i traditori della nazione le hanno svendute con la privatizzazioni delle ex banche pubbliche Banca Intesa e Credito Italiano, che a loro volta detenevano il 60% di Banca d’Italia. Oggi la BCE privata in cambio di carta prodotta a costo zero si prende la ricchezza pubblica e privata di interi paesi, Italia compresa.
La moneta deve essere prodotta dallo stato a costo zero senza indebitarsi con alcun privato; nel 1935 Mussolini, liberandosi dalla massoneria, fece le banche pubbliche e rese pubblica la Banca d’Italia.Cio’ non gli fu perdonato dagli banchieri stranieri che promossero nel 1936,tramite la società delle nazioni, le sanzioni all’ Italia con la scusa della guerra d’ etiopia e ci isolarono e provocarono la nostra entrata in guerra.Spesso durante le sanzioni fermavano le navi italiane in mare e sequestravano a volte tutto il carico, come i pirati.
C’è un Avvocato in Italia che giustamente sostiene che i politici che hanno svenduto il paese devono essere processati per alto tradimento, reato previsto dal codice penale con pene che vanno da 5 anni all’ergastolo.
Altra assurdità è che banca d’italia e la bce, ambedue private hanno il compito di controllare le altre banche, sempre private e controllate dagli stessi proprietari!! Cioè controllore e controllato sono la stessa persona e quindi non ci stupiamo che ogni giorno che passa il paese viene depredato sempre piu’