Roma, 30 apr – Né il governo, né Lufthansa. Se l’esecutivo continua a ribadire colpo su colpo – ultimo in ordine di tempo il ministro Calenda, che ha risposto picche a Renzi sull’ipotesi di un intervento pubblico – che Alitalia non sarà nazionalizzata, arriva anche Lufthansa che per ora, con un cordiale ma deciso “no, grazie” si sfila dalla corsa per la compagnia.
Una corsa che, ad oggi, non vede dunque alcun potenziale compratore all’orizzonte. Troppo disastrata il vettore, o attesa per migliori condizioni, come l’acquisto a prezzi di saldo di un’Alitalia smembrata post-liquidazione? Forse è per scongiurare quest’ultima eventualità che un nome ha cominciato a circolare con insistenza negli ultimi giorni, durato più delle canoniche 24 ore prima della smentita di prammatica e che sembra resistere nonostante lo scarso entusiasmo mostrato sul tema. Stiamo parlando delle Ferrovie dello Stato, ad oggi candidato numero uno a prendere il posto di Etihad e di quel che rimane dei ‘capitani coraggiosi’ nell’azionariato. “In questo momento non siamo stati contattati da nessuno su questa vicenda”, spiega una nota della società. Risposta sibillina che non preclude alcuno sviluppo futuro.
La soluzione che porta al gruppo delle Frecce non sarebbe comunque immediata. Prima – a partire dalla settimana prossima, quando è convocata l’assemblea dei soci per deliberare sull’amministrazione straordinaria – Alitalia dovrà passare per il commissariamento, che stando alle ultime indiscrezioni sarà affidato a Luigi Gubitosi ed Enrico Laghi: qualche mese per tentare di raddrizzare alcune delle problematiche gestionali, dai contratti di fornitura (cominciando dal carburante) ai tagli che azienda e sindacati non sono riusciti in queste ultime settimane a far digerire ai dipendenti. Solo dopo – e solo se non sarà trovata un’altra strada – verrà il tempo delle Ferrovie. Le quali, dopo il massiccio piano di risanamento avviato da Mauro Moretti e proseguito dal suo successore Renato Mazzoncini, sono oggi una realtà forte, capace di investimenti da centinaia di milioni ogni anno e indubbiamente con le competente necessarie, volendo, sia pur le oggettive difficoltà che ciò comporterebbe, anche per un’integrazione tra ferro e aria.
Filippo Burla