Roma, 5 nov – Quasi 10 miliardi disponibili da subito, che diventano 30 da qui alla fine del prossimo. Sono di questo ordine di grandezza le cifre che il governo ha messo nero su bianco nell’aggiornamento della Nadef, passaggio preliminare alla manovra che verrà poi licenziata da qui alla fine dell’anno.
Nella Nadef deficit all’insù: tutto per il caro energia
Il consiglio dei ministri di ieri sera ha “riempito” così la casella del quadro programmatico, lasciato intenzionalmente vuoto dall’esecutivo uscente, che nella sua ultima Nadef si era limitato a riportare il quadro tendenziale. Rispetto ad esso, a rilevare è specialmente l’intervento sul deficit. Già a partire da quest’anno, con l’asticella che passerà dal 5,1 al 5,6%. Il mezzo punto in più diventa oltre un punto nel 2023, quando salirà dal 3,4 al 4,5%. “Merito”, tra le altre cose, di una crescita del Prodotto interno lordo più rosea rispetto alle previsioni. Il buon andamento del Pil nel terzo trimestre ha aperto qualche spazio per un maggiore indebitamento, che Palazzo Chigi ha scelto di destinare pressoché nella sua interezza al problema dei costi dell’energia.
Tra le misure che il governo adotterà nei prossimi giorni, rientreranno sicuramente la proroga del taglio delle accise sui carburanti per autotrazione e il credito d’imposta per le imprese energivore. Si parla anche di sbloccare l’estrazione di gas naturale dal nostro sottosuolo, cosa che dovrebbe garantire già a partire da gennaio “tra 1 miliardo e 2 miliardi di metri cubi da destinare ad aziende energivore a prezzi calmierati”, ha spiegato la Meloni in conferenza stampa.
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Nubi fosche sul futuro: recessione e vincoli Ue
Il piano tracciato nell’aggiornamento della Nadef oscilla tra l’emergenziale e lo strutturale. Con un occhio soprattutto agli impegni messi nero su bianco dall’esecutivo Draghi. Perché è vero che per quest’anno e il prossimo i cordoni del bilancio pubblico si aprono. Allo stesso tempo, però, il percorso per il futuro rimane tracciato. Non giova, in tal senso, la revisione delle previsioni sul Pil 2023: non più tardi dello scorso aprile il Def stimava un +2,3%, oggi ridotto ad uno striminzito +0,6%. Cifra sulla quale potremmo quasi voler mettere una firma, visto che non sono in pochi a pronosticare una recessione in arrivo. Il risultato è che le maglie vanno infittendosi da qui ai venturi anni. Tanto che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha illustrato il percorso di consolidamento delle finanze che giungerà, nel 2025, ad un deficit contenuto al 3%. Inferiore, addirittura, al 3,2% previsto dal duo Draghi-Franco. Un inchino ossequioso a Bruxelles, che oggi concede al nuovo inquilino di Palazzo Chigi di allentare un po’ la corda. Per poi restringerla ancora subito dopo.
Filippo Burla