Siena, 2 giu – Mps è (forse) salva, gli azionisti e gli obbligazionisti invece perderanno tutto. È questo il responso della lunga trattativa, conclusasi ieri, con la quale l’Ue ha dato all’Italia l’autorizzazione ad utilizzare fondi pubblici per ricapitalizzare il Monte dei Paschi di Siena: un’iniezione di capitali necessaria ad evitare il tracollo della banca, ma che comporterà l’attivazione (sia pur solo parziale) della Brrd, il temuto schema ai più noto come bail in.
Mps ha bisogno di almeno 8,8 miliardi per rimettersi in carreggiata, adeguandosi ai requisiti di capitale previsti dalle nuove normative. Di questi, 6,6 arriveranno direttamente dalle casse del ministero dell’Economia, che salirà così dal 4% odierno al 70% dell’istituto. Non si tratterà però di aiuti di Stato – vietati dalle direttive comunitarie – dato che secondo l’Ue il Monte ha il potenziale per recuperare, nel medio periodo, la redditività perduta. A patto però di porre in essere una profonda ristrutturazione che prevede fra i 6 e i 10mila licenziamenti (un terzo della forza lavoro), tetti ai compensi dei dirigenti, cessione dei crediti deteriorati – in prima fila il fondo Atlante, pronto a farsi carico di 26 miliardi di sofferenze – e, soprattutto, il coinvolgimento degli investitori secondo i principi del cosiddetto burden sharing. A finire nella tagliola saranno, come detto, azionisti e detentori di obbligazioni subordinate, che contribuiranno al salvataggio della banca più antica del mondo vedendo il loro capitale di fatto azzerato. Nel risiko che porterà alla nazionalizzazione di Mps gli unici a non rischiare sono i correntisti, dato che non scatterà il bail in completo, anche se visti i chiari di luna (ricordate un anno e mezzo fa quando Renzi invitava ad scommettere nella banca definendo l’investimento “un affare”?) l’eventualità non è comunque da escludere a priori.
Filippo Burla