Roma, 28 mar – Eni, Enel, Snam, ma anche Generali, Leonardo, Saipem. E poi le banche, da Intesa a Unicredit, arrivando infine ad Atlantia e Mediaset. Non c’è colosso di Piazza Affari che, dopo il drammatico tonfo (-17%) della borsa del 13 marzo – seguito alle parole pronunciate da Christine Lagarde – non abbia perso miliardi di capitalizzazione. Se il cane a sei zampe è arrivato ad un certo punto quasi a dimezzarla, in conseguenza anche del crollo del prezzo del petrolio, non meglio è andata per le altre. Facendo così sorgere un potenziale problema per società strategiche che rappresentano una fetta importante della nostra economia: con la forte discesa dei corsi azionari rischiano infatti di esporsi – a prezzo di sconto – ad eventuali scalate ostili. E’ per questo motivo, tanto più nell’inazione da parte del governo, che nel corso delle ultime settimane si sono mosse Consob e Copasir.
Società strategiche sotto “tutela”
Dopo il divieto trimestrale di vendite allo scoperto, scelta presa per evitare ulteriori pressioni al ribasso sul mercato di borsa, la Consob ha ristretto le maglie anche sulle partecipazioni cosiddette “rilevanti”. Se prima scattava l’obbligo, in capo all’acquirente, di comunicare la detenzione di una partecipazione (con diritto di voto) superiore al 3% (5% se si tratta di Pmi), da qualche giorno tale soglia è ribassata, rispettivamente, all’1 e al 3%.
La decisione, che riguarda 48 realtà, mira ad offrire un quadro aggiornato attorno agli assetti azionari di quelle che si considerano – basandosi fondamentalmente su un criterio quale quello della capitalizzazione di mercato, se superiore a 500 milioni – società strategiche, al fine di individuare con anticipo eventuali movimenti “sospetti”.
Si muove anche il Copasir
Insieme alla Consob è da registrare anche l’attivismo del Copasir. Guidato dal leghista Raffaele Volpi, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha già più volte lanciato l’allarme, sollecitando il governo a “individuare e inserire in propri provvedimenti le migliori risorse e risposte possibili, anche con tempo determinato, a difesa degli interessi nazionali afferenti alle società strategiche per il Paese”. Tra le ipotesi allo studio ci sarebbe quella di riformare la normativa sul golden power, ampliandone l’ambito di operatività.
L’esecutivo sembra aver raccolto l’invito: “I più preziosi asset strategici vanno protetti ad ogni mezzo. Saremo in grado di lavorare in questa direzione – ha spiegato il premier Conte alla Camera questo mercoledì – a partire dal prossimo provvedimento normativo che stiamo predisponendo per aprile”. Ammesso che non sia già troppo tardi.
Filippo Burla
2 comments
CARI AMICI..GUARDSTE CHE INTEDASANPAOLO ORMAI E NELLE MANI DI BLACK ROVK E K P MORGAN ORMAI E UNA BANCA SPECULATIVA EBRAICA… E SONO LORO CHE DETTANO LEGGE NELL AZIENDA LO DICO PERCHE CI HO VISSUTO…ORMAI LA FRITTSTA E FATTA..INTESASANPAOLO FA POLITICA E IMPONE I PSEUDOVALORI DEL IMMIGRAZIONE GENDER FEMMINISMO…GLOBALUZZAZIONEM E LO RIPETE NEI CORSI DI FORMAZIONE O DI PLAGIO…DOCUMENTATEVI…
CIAO
ONORE A BENITO MUSSOLONI
ma al riparo da cosa??? Vi pare che Eni in questi ultimi 4 anni si sia fottuta qualcosa della nostra situazione? NO, ha arraffato tutto quello che l’opec gli ha permesso di arraffare ed è andata sproloquiando di economia circolare e green mentre continuava a fare soldi (anche i miei soldi) con il petrolio. Ecco quei dividendi lauti se li faranno bastare prima deli ceffoni che si meritano