Roma, 22 dic – “Io, mio padre e la mia famiglia non arretriamo di un passo. Qui siamo e qui rimaniamo”. Ne è sicuro Pier Silvio Berlusconi, amministratore delegato del gruppo Mediaset, in prima linea nella difesa dall’assalto di Vivendi. I francesi sono ormai al 25,75% del capitale, con i diritti di voto al 26,77%. La loro ritrosia nell’annunciare in tempo reale le quote effettivamente detenute potrebbe però mascherare – visti anche i numerosi acquisti registrati oggi, con Mediaset ancora regina a Piazza Affari – percentuali ancora più alte che verranno comunicate nei prossimi giorni.
Vivendi non sembra comunque intenzionata a superare la soglia del 30%, oltre la quale scatta l’obbligo di lanciare un’offerta pubblica di acquisto. Non esistono indizi in tal senso, anche se la società transalpina disporrebbe della liquidità necessaria allo scopo la strategia dell’ad Vincent Bolloré sembra più che altro quella di lavorare ai fianchi del Biscione, per arrivare a contare in assemblea dei soci secondo il vecchio adagio di Enrico Cuccia secondo cui le azioni non si contano ma si pesano. Fininvest, così stando le cose, conserverebbe infatti sì la maggioranza, ma i francesi con una quota anche poco al di sotto del 30% potrebbero opporre una cosiddetta minoranza di blocco in assemblea, sufficiente per costringere la famiglia Berlusconi a scendere a patti.
Mediaset dovrebbe così cercare il placet di Vivendi non solo per le operazioni straordinarie, ma anche per le nomine in cda, la politica dei dividendi e le strategie industriali. Il tutto all’interno di un settore destinato secondo molti osservatori a future sinergie nazionali a transnazionali, verso l’integrazione tra telecomunicazioni e media. Vivendi, con la scalata che le ha permesso di mettere le mani su Telecom, si è già lanciata nella partita. Mediaset invece?
Filippo Burla