Roma, 5 feb – Il Made in Italy pare non conoscere crisi e per questo i più grandi colossi dell’e-commerce, Google e Amazon, stanno cercando di trascinare le aziende italiane sul web, in modo da poter offrire quello che la crescente domanda dei consumatori di tutto il mondo oggi non trova. Google è partito dal dato empirico del proprio motore di ricerca: negli ultimi anni le ricerche di prodotti italiani sono aumentate del 22%. Una richiesta che parte sia dai nuovi ricchi di paesi più o meno emergenti che dai paesi industrializzati, sia in Europa che in America che in Australia (la nazione più appassionata del Made in Italy). E soprattutto si tratta di una richiesta che non viene soddisfatta, perché il prodotto che cercano on line non c’è. Gli acquirenti aspettano davanti ad una vetrina che resta vuota e così domanda ed offerta si trovano a percorrere rette parallele che non si incrociano.
Il primo motore di ricerca mondiale ha deciso di far convergere queste rette. Prendendo atto che le realtà produttive italiane di qualità non andavano alla montagna, è la montagna Google che si è mossa, coinvolgendo Unioncamere nel progetto “Eccellenze in Digitale”, giunto alla terza edizione. Si tratta di un veicolo con il quale Google cerca di evangelizzare al web le imprese italiane, grazie a dei formatori che seguono le aziende attraverso la rete delle Camere di commercio. Amazon invece ha creato una sezione ad hoc, chiamata appunto “Made in Italy”, dove mette on line i prodotti delle botteghe artigiane di qualità. Gli artigiani locali vengono così coinvolti nel marketplace, dove Amazon può spuntare sostanziose commissioni offrendo agli italians un parco clienti di 285 milioni di utenti. Al negozio del made in Italy hanno aderito alla fine dello scorso anno 150 artigiani italiani, di cui 100 fiorentini, per un totale di oltre 5 mila prodotti attualmente in vendita nelle sezioni abbigliamento, scarpe e borse, arredamento, ceramica e oreficeria. I colossi del web quindi non hanno paura dei topolini e seguono una vocazione già avuta da altre multinazionali: quella g-local. Dopo aver creato e soddisfatto la domanda di uniformazione dei costumi e di standardizzazione dei prodotti, ora si bussa alla porta di chi è sopravvissuto all’ondata globalizzante.
Il Made in Italy si incarna dunque in una nuova pelle, una delle tante usate dalla sua nascita, comunemente individuata nella testa e nelle mani di Rosa Genoni, la progenitrice della moda italiana. Genoni si affermò già nel 1906 all’Expo di Milano, al padiglione delle Arti decorative, grazie ai suoi abiti ispirati alla tradizione pittorica rinascimentale. Con Botticelli, Pisanello, Leonardo, Raffaello, Mantegna rivoluzionò lo stile dell’epoca e grazie alla forza del Rinascimento e del classicismo affermò l’indipendenza della moda italiana da quella estera, in particolare francese. Una battaglia di indipendenza dalla quale nacquero i caratteri del Made in Italy, lo stile leggero e preciso, i punti di riferimento certi sia nelle forme che nei tessuti. Così come gli stilisti francesi attingevano dalle opere del Louvre, Rosa Genoni volle fortemente creare un immaginario italiano dal quale le sarte potessero attingere la propria ispirazione. Propose così modelli di felice sintesi che svincolarono l’Italia dal gusto francese, dando sfogo alla sua insofferenza verso la sudditanza stilistica e formale dai modelli d’Oltralpe. E fu così che alla fine furono i francesi a copiarla, ribaltando completamente i rapporti di forza. Il progetto di una “Moda di Pura Arte Italiana” – come si chiamò il comitato che tenne a battesimo – era nato, e continua a vivere oggi sul web.
Simone Pellico
2 comments
Ciao Simone, bell’articolo, specialmente per chi lavora sul web.
Riusciresti a linkarmi dove hai trovato questi dati?
Ciao,
se ti riferisci ai dati sull’aumento delle ricerche on line, sono stati dichiarati da Diego Ciulli, public policy manager di Google Italia.