Roma, 5 lug – Prepariamoci a confermare le previsioni al ribasso: a dispetto delle stime preliminari, anche per quest’anno si potrà, nelle migliori delle ipotesi, parlare di ripresa (meglio: ripresina), ma di crescita non se ne vedrà neanche l’ombra. Arrivati al giro di boa dei sei mesi, dopo le correzioni all’ingiù fatte dal governo ad aprile e da Banca d’Italia all’inizio del mese scorso, ora arriva anche l’Istat a confermare che il quadro economico italiano è in virata verso un deciso peggioramento.
“Prosegue la fase di crescita moderata dell’economia italiana sostenuta dal miglioramento dei ritmi produttivi dell’attività manifatturiera e dai primi segnali di ripresa delle costruzioni, in presenza di un recupero della redditività delle imprese e di un aumento dell’occupazione”, spiegano dall’Istat nella nota mensile di giugno, evidenziando come il comparto dell’offerta mostri elementi in qualche modo positivi. Tutt’altro discorso per quanto riguarda invece la fiducia di famiglie ed imprese dei servizi, che offrono invece segnali meno favorevoli. “In questo quadro – proseguono i tecnici dell’istituto di statistica – l’indicatore composito anticipatore dell’economia italiana ha segnato un’ulteriore discesa, prospettando un rallentamento nel ritmo di crescita dell’attività economica nel breve termine”.
E’ vero che il reddito delle famiglie è aumentato, nel primo trimestre del 2016, dello 0.8% e il potere d’acquisto dell’1.1%, ma questo non si è tradotto in un aumento degli stessi, che rimangono stazionari visto che aumenta la propensione al risparmio. Le famiglie, in estrema sintesi, sfruttano quel poco di più che hanno a disposizione non per acquisti ma per “mettere da parte” qualcosa in previsione di future necessità. Segnale, questo, di una scarsa fiducia, tanto che nel breve termine le prospettive non sono rosee: ai segnali positivi corrisponde, infatti, “un’evoluzione modesta ed eterogenea degli indici di fiducia nel secondo trimestre che segnalano il lieve miglioramento dei giudizi delle imprese manifatturiere e di costruzione a fronte del peggioramento di quelli delle imprese dei servizi di mercato e del commercio”. Non poteva mancare l’effetto Brexit, che però viene tenuto in debita “attesa”, senza anticipare effetti che, ad oggi, non si sono ancora visti: “In assenza di una quantificazione dei possibili effetti economici dell’esito del referendum del Regno Unito – conclude la nota Istat – l’indicatore composito anticipatore dell’economia italiana ha evidenziato un’ulteriore decelerazione, proseguendo la tendenza in atto da inizio anno“.
Filippo Burla