Roma, 31 ago – E’ durata poco la “fiammata” (o anche lei ripresina?) dei numeri del mercato del lavoro, che sembravano dare una minima mano a Renzi per giustificare i presunti successi Jobs Act. Tempo qualche mese e siamo di nuovo punto e a capo.
A segnalarlo è l’Istat, che evidenzia come nel mese di luglio è tornato a calare il numero degli occupati, scesi dello 0.3%, “interrompendo la tendenza positiva registrata nei quattro mesi precedenti (+0,4% a marzo, +0,5% ad aprile, +0,2% a maggio e giugno)”. Va solo in parte meglio per la disoccupazione, che cala anch’essa – e questo è un dato positivo – dello 0.1%, toccando l’11.4%. L’andamento non coincidente dei due indici, i quali possono aumentare o diminuire entrambi contemporaneamente, è dovuta alla diversa natura degli stessi: gli occupati non rappresentano la visione “speculare” dei disoccupati e viceversa. Ecco perché i numeri sono contraddittori sono in apparenza, ma il quadro che ne emerge non è certamente esaltante per quella che, affidata alle mani dell’ex presidente di Legacoop Giuliano Poletti, doveva essere una cura miracolosa.
Così non è stato, se si escludono gli incentivi all’assunzione poi in parte ritirati dal governo, causando fra la fine dello scorso e l’inizio di quest’anno un nuovo terremoto nelle statistiche fra occupati, disoccupati e giovani. Le conseguenze di medio termine le paghiamo ora: spiega sempre l’Istat che “la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni a luglio aumenta dello 0,4% (+53 mila), dopo il calo registrato nei quattro mesi precedenti”, mentre fa un salto verso l’alto anche la disoccupazione giovanile, che mese su mese e nonostante i lavori estivi appannaggio di molti a cavallo della maggiore età cresce di due punti, riavvicinandosi al 40%.
Filippo Burla