Roma, 5 nov – È destinata a far discutere l’ultima uscita di Maurizio Tarquini, direttore generale di Confindustria. Frasi decisamente critiche verso la Finanziaria (“non offre risposte adeguate ai problemi”) e un chiaro suggerimento al governo. Parole, queste ultime, che in un’ottica di lungo periodo hanno però suscitato il nostro interesse. Secondo gli industriali infatti è arrivato il momento, non più prorogabile, di puntare sull’energia nucleare: sarebbe quindi “opportuno prevedere un finanziamento alla ricerca sui nuovi vettori”.
L’Italia ha bisogno di energia continua
A dirla tutta non è la prima volta che da Viale dell’Astronomia prendono posizione sull’argomento. Già nello scorso settembre – dal palco di DigithOn, maratona digitale dedicata alle startup – Emanuele Orsini, presidente della confederazione, si era espresso in merito. “Abbiamo capito quanto sia importante l’indipendenza energetica. La transizione va fatta coi giusti tempi e dobbiamo aggiungerci un pezzo: questo Paese ha bisogno di energia continua. Abbiamo la necessità di lanciare, senza se e senza ma, il nucleare”.
Per l’occasione lo stesso numero uno di Confindustria aveva altresì evidenziato il fatto che già aziende italiane “stanno studiando dei microreattori generali, di nuova generazione, sicuri”. Un bagaglio tecnologico da non perdere se si vuole essere competitivi con il resto del mondo. Come spiegato qualche settimana fa proprio su queste pagine, troviamo la giusta risposta nel mix energetico. Ovvero – concordiamo con gli industriali – al nucleare dovrà affiancarsi l’ulteriore potenziamento delle energie rinnovabili.
Industriali, il manifatturiero ha bisogno del nucleare
Ora, al di là di ogni dogma ideologico, il nucleare di nuova generazione – sia nel campo pioneristico della fusione che in quello della fissione dei mini-reattori modulari – è sicuro (anche rispetto ad altre forme di energia), a zero emissioni e al 100% producibile in Italia. Lo sappiamo, l’attuale dipendenza energetica verso i produttori esteri, data l’instabilità geopolitica mondiale, ci espone a potenziali rischi inflattivi e di sicurezza quantitativa nell’approvvigionamento vero e proprio.
A detta degli esperti quella che a tutti gli effetti rimane la seconda manifattura europea – e settima del globo – non potrà rimanere tale avvalendosi solamente delle proprie energie rinnovabili e delle fonti fossili provenienti dagli altri paesi. La Francia, ad esempio, attraverso l’utilizzo dell’atomo garantisce al proprio apparato produttivo un costo energetico decisamente minore (circa un terzo) rispetto al nostro.
Qualcosa si muove?
La palla – come si suol dire – ora passa al governo. Un orecchio dal quale l’esecutivo Meloni sembra sentire. Ma al momento tutto è fermo al livello delle promesse e degli annunci. C’è attesa quindi per il venturo mese di dicembre, ovvero quando dovrebbe essere costituita – il condizionale è d’obbligo – la nuova società con Enel, Ansaldo e Leonardo. Obiettivo? La ricerca e l’analisi proprio nell’ambito che preme (anche) agli industriali: il nucleare.
Così come l’economia non può vivere di solo turismo, sole e vento non possono bastare per mandare avanti l’intero sistema. L’Italia e la sua manifattura – la sola capace di generare ricchezza – hanno bisogno di un progetto concreto. Al più presto.
Marco Battistini