Berna, 31 mar – Inversione di marcia. I buoni vecchi spalloni che una volta raggiungevano la frontiera elvetica per portare al “sicuro” valige di risparmi, ora fanno dietro front per riportare i capitali al Belpaese.
Questa nuova tendenza è stata evidenziata da “Il Corriere della Sera” che mette in luce diversi episodi, confermati dalla Guardia di Finanza, in cui considerevoli somme di denaro hanno sì passato la frontiera, ma in direzione contraria rispetto al consueto.
C’è il caso del giocatore di poker con 50 mila dollari in una busta, quello che passa la dogana con la Jaguar e 60 mila euro cash, passando per l’anziana signora ottantenne con sessantamila franchi svizzeri in borsetta, fino a quello che, fermato per un controllo a bordo di un treno, ha dovuto estrarre due rotoli di banconote dalle mutande. Roba davvero di poco conto, forse qualche piccolo risparmiatore che ha pensato a una via al rimpatrio che non preveda scudi o voluntary di turno che dilapidino quel tesoretto custodito con rischio e dovizia per anni fuori dall’Italia.
A parte l’ironica considerazione di una presunta sanatoria “artigianale”, ci si chiede il motivo di questa inversione di tendenza, se pur al momento ancora risibile. Quello che sicuramente è probabile è l’adeguamento fiscale delle banche elvetiche agli standard internazionali a contrasto dell’evasione fiscale, siano essi voluti dall’Ocse o dagli Usa attraverso il Fatca (Foreign Account Tax Compliance Act), la nuova normativa americana anti evasione fiscale off shore. Si sa, il segreto bancario svizzero è alle strette e gli istituti svizzeri stanno pagando un prezzo davvero alto tra sanzioni e salatissime multe per evitare il penale.
Ciò che Berna sta attendendo con ansia è di trovare presto un accordo fiscale con l’Italia, perennemente fermo anche a causa dei continui cambi ai vertici del Governo di Roma. Nel frattempo c’è chi pensa a risolversi i propri problemi, fiscali s’intende, da sé attraverso un’inventiva tipicamente italiana.
Giuseppe Maneggio