Roma, 30 nov- Venerdì scorso sono piombati in Commissione Bilancio della Camera dei deputati circa cinquemila emendamenti alla Legge di Stabilità 2016 (la vecchia Finanziaria). È evidente che qualche cambiamento è necessario. Vediamo cosa prevede il calendario dei lavori.
La manovra dovrebbe arrivare nell’aula di Montecitorio intorno a metà dicembre e quindi tornare in terza lettura al Senato. Il nostro presidente del Consiglio ha dato il meglio di sé per promuoverla. Bonus per tutti! Cinquecento euro come regalo di compleanno per i maggiorenni, ottanta euro a tutte gli agenti delle forze dell’ordine, un miliardo per il diritto allo studio. Per Renzi questi provvedimenti non sono mance populistiche. Per il nostro premier esse sono frutto di una strategia di lungo respiro che egli ha così sintetizzato: “Per ogni euro investito sulla sicurezza, ci sarà un euro investito per la cultura”.
Dopo questo sforzo titanico è normale che per esodati e precari rimane solo qualche briciola. Vediamo perché.
Dopo il suo passaggio a Palazzo Madama, l’articolo 19 del disegno di Legge di Stabilità che riguarda gli esodati esclude da tale tutela gli stagionali e gli agricoli a tempo determinato e chi nel 2011 ha fruito dei permessi della legge 104. Il governo ci tiene a precisare, però che: “I genitori che nel 2011 erano in congedo per assistere figli con disabilità grave ai sensi dell’articolo 42, comma 5 del testo unico sulla paternità, verranno salvaguardati”.
Che bel bonus! In base a questo principio non godranno del loro diritto di andare in pensione i precari del settore agricolo, e i lavoratori che hanno usufruito dei permessi ex Legge 104. Ergo, accudire un disabile, a meno che non sia moribondo, o andare a raccogliere pomodori rappresenta per il Governo colpa grave. Pazienza. Questi esodati dovranno aspettare la prossima salvaguardia. Speriamo solo che abbiano un figlio colto e diciottenne.
La commissione Bilancio del Senato ha detto no anche alla Dis-Coll. Per chi non è addetto ai lavori si tratta dell’assegno di occupazione che secondo il Jobs Act era riservato ai precari disoccupati. Per essere più precisi, la Dis-Coll è l’indennità di disoccupazione per lavoratori collaboratori coordinati e continuativi e a progetto (co.co.co e co.co.pro.) iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata INPS, non pensionati e privi di partita IVA. Essa è corrisposta per un periodo pari alla metà dei mesi di contribuzione versati a partire dal primo gennaio dell’anno precedente in cui si è rimasti disoccupati, per un massimo di sei mesi.
Tre sono i requisiti da possedere congiuntamente: trovarsi in stato di disoccupazione certificato dal centro per l’impiego, almeno tre mesi di contribuzione, a partire dal primo gennaio 2014, almeno un mese di contribuzione, o di una collaborazione, che abbia prodotto un reddito di almeno pari a 647,5 euro nel 2015, ovvero pari alla metà dell’importo che dà diritto ad un mese di contribuzione. Chiudere i cordoni della borsa davanti a queste fattispecie di lavoratori è un po’ come rubare dal piattino delle elemosine.
Ultimo capitolo riguarda le pensioni e in particolare i pensionandi. Due casi in particolare: Opzione-Donna e l’Apa (assegno pensionistico anticipato). Per capire quanto è stato deciso è necessario definire meglio le fattispecie in oggetto. Ad esempio, quando si parla di Opzione-Donna si fa riferimento alla possibilità di pensione anticipata per le lavoratrici dipendenti con cinquantotto anni e tre mesi e per le autonome con cinquantasette anni e tre mesi, in entrambi i casi con almeno trentacinque anni di contributi. Qui la politica di bilancio s’intreccia con l’astrologia. Infatti, si annunciano tempi duri per le donne over cinquanta nate nel segno della Bilancia, Scorpione, Sagittario e Capricorno (prima decade). Infatti, i senatori hanno ben pensato di escludere da questo diritto le lavoratrici che compiono gli anni nell’ultimo trimestre 2015. Sempre, in tema di pensioni negate, è saltato anche l’Apa, ossia, l’assegno pensionistico anticipato che prevedeva la possibilità di prepensionamento con cinque anni di anticipo e un trattamento da 800-900 euro al mese, che si restituisce poi quando si matura la pensione piena.
Questi scelte probabilmente verranno ridiscusse alla Camera, per poi essere forse approvate di nuovo a Palazzo Madama. Nulla finora è definitivo.
Il messaggio però è chiaro. Si nega un diritto acquisito a pochi sfortunati per poter elargire inutili mance ad una platea più ampia per chiari scopi elettorali. Ecco un esempio di clientelismo 2.0.
Salvatore Recupero