Milano, 20 nov – Ieri nel capoluogo lombardo si è tenuto un convegno su globalizzazione e politica commerciale: ancora una volta si è assistito allo scontro tra Italia e Ue per i dazi anti-dumping da applicare sul made in China. Da una parte l’Italia che dice no e chiede un’applicazione più severa del regime di imposte da applicare alle importazioni cinesi, dall’altra Bruxelles che cerca di mediare tra le due anime che la compongono: quella dei paesi importatori e quella dei produttori.
Il commissario Ue al commercio internazionale, Cecilia Malmström, nella sede meneghina, ha ribadito che “la riforma antidumping che la Commissione Ue ha resa nota la settimana scorsa è un buon compromesso e non ci sono margini di modifica“, respingendo così qualsiasi proposta di modifica già pervenuta dall’Italia nei giorni scorsi. La Cina, ha aggiunto la Malmström, “non è un’economia di mercato, non lo sarà domani e non lo sarà neppure entro la fine dell’anno. Le misure anti-dumping in vigore sono già oltre 40 e ci tutelano. Noi vogliamo riformarle per renderle più moderne ed efficaci, abbiamo ampliato i criteri per arrivare un giorno a dazi più severi. Ora tocca a Consiglio e Parlamento Ue. Per la Commissione Ue il testo è quello diffuso“.
Ma sulla questione è subito dopo intervenuto il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda che nel confronto con la Malmström, ha espresso la totale bocciatura dell’Italia. “La proposta della Commissione sull’antidumping, così come è inaccettabile, debole e complessa. I presupposti giuridici sono contestabili e i cinesi possono facilmente portarci davanti al Wto. Faremo battaglia in Consiglio Ue e in Parlamento Ue perchè non passi così come siamo nettamente contrari al riconoscimento de facto dello status di economia di mercato alla Cina quando soddisfa forse solo 1 dei 5 criteri che la stessa Ue si era data“.
Il comparto manifatturiero europeo, non solo quello italiano, che ovviamente risulta penalizzato dallo scontro con la produzione cinese, resta molto scettico, anche perchè, l’esecutivo Ue ha proposto si eliminare del tutto la black list dei paesi che non sono economie di mercato, promettendo di rafforzare per tutti, e senza discriminazioni, i dazi anti-dumping, che avranno regole diverse a seconda del settore e che terranno conto anche dei prezzi internazionali e delle eventuali sovvenzioni indebite che sono presenti dietro ai prezzi cinesi stracciati. Ma i sussidi sono sempre molto difficili da dimostrare in una nazione come la Cina. Insomma, per l’ennesima volta l’Unione europea si conferma inetta e incapace di difendere gli interessi di chi produce ricchezza all’interno del Vecchio continente e resta lontana dall’auspicate politiche protezionistiche.
Giuseppe Maneggio