Roma, 1 feb – Appena si sono diffuse le notizie sulla portata dell’epidemia e sulla pericolosità del coronavirus, i mercati finanziari mondiali hanno iniziato a tremare, registrando forti perdite in tutto il mondo. Con una crescente preoccupazione per il numero di persone contagiate e per i decessi purtroppo in continuo aumento, sono in molti a chiedersi che impatto potrà avere questa pandemia sull’economia mondiale.
Ovviamente non vi è mai un buon momento per una emergenza epidemica, ma possiamo dire che questa in particolare ha scelto delle circostanze particolarmente sfavorevoli per venire alla luce. In un momento di grande incertezza e vulnerabilità del ciclo macroeconomico il virus si è sviluppato in un colosso come la Cina, per di più nel periodo in cui milioni di cinesi viaggiano per celebrare il loro capodanno.
Gli investitori hanno già iniziato a vendere i loro titoli causando forti ribassi nelle piazze asiatiche, e in misura minore in quelle europee ed americane, spostando denaro su quelli che vengono tradizionalmente considerati beni rifugio, spingendo al rialzo le quotazioni dello yen, del dollaro americano e dell’oro. Si è anche assistito ad una significativa diminuzione del prezzo del petrolio a seguito della paura, affatto infondata, che l’indebolirsi delle economie mondiali si riflettano in una minore domanda di combustibili. Sostanzialmente i mercati hanno preso atto di una crisi che si aggrava di ora in ora in una nazione di un miliardo e mezzo di persone, i cui abitanti sono imprenditori e consumatori e rappresentano uno dei principali motori della crescita mondiale.
Il costo economico a medio e lungo termine è sempre difficile da stimare, soprattutto in questa fase iniziale, ma vi sono comunque alcuni indizi da tenere in considerazione.
Coronavirus: lo scenario cinese
Il principale ostacolo alla possibilità di analisi accurate risiede nel fatto che le informazioni provenienti dalla Cina sono scarse e non del tutto credibili.
Durante l’epidemia di Sars (la sindrome respiratoria del 2003), il governo cinese fu molto lento nel riconoscere l’esistenza del virus, le autorità locali nascosero i preoccupanti dati permettendo al contagio di espandersi. Questa volta il presidente Xi Jinping ha pubblicamente ammesso il problema quasi immediatamente, ma il livello di fiducia nei confronti delle autorità cinesi rimane comunque piuttosto basso nell’opinione pubblica mondiale.
Nella speranza di contenere il contagio Pechino ha deciso di estendere le vacanze per il capodanno lunare di oltre una settimana tenendo chiuse scuole e aziende e invitando la gente a non uscire. Già questo impatterà in maniera notevole l’economia cinese, basti pensare che lo scorso anno per questa festività i cinesi hanno speso quasi 200 milioni di dollari in viaggi, cene e divertimenti.
Le grandi compagnie come Tencent, Huawei e Alibaba subiranno certamente delle conseguenze in quanto gran parte dei loro uffici centrali rimarranno chiusi almeno fino al 9 febbraio.
Alcune città sono state messe in quarantena, tra cui quella che ormai è accertato essere l’epicentro del virus, Wuhan, una megalopoli da 11 milioni di abitanti che è anche un importante polo industriale e questo sicuramente comporterà delle implicazioni se l’isolamento si protrarrà a lungo.
Proprio all’epidemia della Sars nel 2003 occorre fare riferimento per avere qualche indizio sugli impatti economici del diffondersi della malattia. Sebbene secondo i dati ufficiali la Sars infettò 8100 persone uccidendone 774 il suo impatto fu relativamente contenuto in quanto si diffuse quasi esclusivamente in Cina e ad Hong Kong, provocando una caduta del prodotto interno lordo stimata rispettivamente intorno all’1,1% ed al 2.6 %, con limitatissime ripercussioni economiche sul resto del mondo.
Il coronavirus si sta invece diffondendo molto più rapidamente e in maniera più ampia ed alcuni economisti sostengono che l’impatto sarà maggiore. All’epoca della Sars infatti l’economia cinese stava crescendo in maniera molto rapida ad un ritmo superiore al 10% annuo, le previsioni ufficiali del Fondo Monetario Internazionale davano la crescita del PIL cinese al 6%, in lieve flessione rispetto agli anni precedenti. Con gli effetti della crisi sanitaria alcuni analisti stimano che la crescita ufficiale sarà solamente del 4% e verosimilmente ancora più bassa, dato che i dati forniti dal governo cinese non sono sempre molto attendibili.
L’impatto sul resto del mondo
Considerando che la Repubblica Popolare Cinese è la fonte di circa un terzo della crescita globale e rappresenta il 15% del prodotto interno lordo mondiale, il suo rallentamento potrebbe essere sentito anche ben al di fuori dei suoi confini.
Sicuramente le nazioni vicine saranno maggiormente influenzate, basti pensare a paesi come Hong Kong, le Filippine, la Thailandia e il Vietnam la cui industria turistica dipende in gran parte dai flussi provenienti dalla Cina ed il protrarsi delle misure cautelari che stanno portando le grandi compagnie aeree a cancellare i voli da e per il paese, comporteranno nel breve termini importanti conseguenze.
Se vi saranno ulteriori restrizioni ai trasporti il problema sarà più vasto e riguarderà ad esempio la produzione industriale. Potrebbe ad esempio colpire duramente l’esportazione dei metalli dalle miniere in Australia, o delle materie prime che dall’India giornalmente arrivano in Cina per essere lavorate. Allo stesso modo potrà influenzare le vendite di beni tecnologici prodotti in paesi come la Malaysia o la Corea del Sud.
Senza contare che un ulteriore rallentamento dell’economia cinese porterebbe inevitabilmente ad un crollo della domanda interna per beni e servizi prodotti in ogni parte del mondo, e questo potrebbe portare ad una diminuzione di posti di lavoro ad esempio nelle fabbriche automobilistiche americane ed europee.
Come abbiamo già avuto modo di vedere, lo shock del coronavirus potrebbe portare gli investitori a diventare molto più avversi al rischio e quindi a causare ulteriore turbolenza sui mercati finanziari che potrebbero avere un ulteriore effetto sulla fiducia dei consumatori.
L’impatto economico non sarà però legato al triste numero delle persone che si ammaleranno o da quello ancora più tragico di chi non sopravviverà, ma in un mondo così irresponsabilmente globalizzato ed interdipendente, verrà determinato dagli effetti indiretti delle decisioni che milioni di individui prenderanno per minimizzare le possibilità di essere contagiati, e ancora dalle azioni che porranno in essere i singoli paesi per reagire a questa minaccia.
Claudio Freschi
1 commento
Il coronavirus è strumentalizzato per giustificare una recessione sempre più conclamata! Sveglia! Sveglia!
Con l’ inflazione “mascherata” perdurante la copertina è diventata corta… Non ci stanno più dentro.
Aspettiamoci delle “belle”.
Simpatico invece sapere che il pueblo cinese deve continuare a comprare i sui prodotti all’ estero…!!! Pure le mascherine. Sveglia!
Un riscontro costruttivo…, ringraziando C.Freschi.