Roma, 28 gen – Prima dimenticano il ruolo della vigilanza, fra i pochi rimastogli dopo la cessione della sovranità monetaria alla Bce. Poi nicchiano, rimanendo sul vago mentre il governo si apprestava a varare le norme che recepiscono le direttive comunitarie sul “bail-in“, decidendo peraltro di applicarle in qualche modo in anticipo nei casi di Etruria, Marche, Ferrara e Chieti. Poi si accorgono che forse qualcosa non va, e allora si tratta di correre ai ripari. Banca d’Italia è così, sempre pronta a far la morale sui vizi del bel paese ma lei stessa a suo agio nell’atavica arte di chiudere le porte della stalla quando i buoi son già fuggiti lontano.
Il problema è che da via Nazionale non contestano la normativa che coinvolgerà azionisti, obbligazionisti e (forse) risparmiatori in casi di crisi bancaria. Cosa allora? “Alla luce degli effetti degli interventi sin qui effettuati, è auspicabile da parte del legislatore sia italiano sia europeo una attenta rivisitazione delle modalità e dei tempi della loro attuazione, soprattutto quando le debolezze del sistema creditizio hanno natura sistematica e derivano da eventi di natura eccezionale”, ha spiegato, intervenendo ad un convegno alla Bocconi, il vicedirettore generale di Banca d’Italia, Fabio Panetta. “Queste modifiche normative – ha continuato – renderanno le banche meno rischiose, dotandole di più capitale, di maggiori liquidità, di un grado di leva più basso che in passato” anche se le nuove regole comprimono la redditività bancaria e lo sviluppo del sistema creditizio”, con conseguenti “riflessi negativi sulla disponibilità di prestiti all’economia reale“. Con qualche mese di ritardo, ma tant’è.
Come se ne esce? “Il sistema finanziario stenta a tenere il passo con i cambiamenti dell’economia reale, del quadro normativo, della stessa società e ne possono scaturire inefficienze, vincoli alla crescita, tensioni sociali”, ha spiegato sempre Panetta. Ma allora dov’era Banca d’Italia quando il ministro Padoan, non più tardi di martedì, veniva ridotto ai minimi termini dal commissario Ue alla concorrenza sul tema delle sofferenze bancarie, strappando niente più che un piccolo favore i cui effetti, se ci saranno, saranno quasi impercettibili? Domanda retorica. Anche se una possibile risposta l’avrebbero già pronta, fatta in casa: “La proprietà pubblica delle banche – è sempre Panetta a parlare, facendo una digressione storica – ha contribuito alla stabilità, in una fase di crescita economica. Il ricorso di ultima istanza a risorse pubbliche ha tutelato i risparmiatori, riparando l’economia reale dalle conseguenze delle crisi finanziarie”. Eppure sarebbe così semplice..
Filippo Burla
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