Roma, 18 ott – Il Tribunale di Roma ha ammesso Astaldi alla richiesta di concordato preventivo. Entro e non oltre il 16 dicembre prossimo la società dovrà presentare un piano di risanamento necessario ad arginare la crisi in cui è sprofondata. Dal canto suo l’azienda fa sapere in un comunicato che: “Il Consiglio di Amministrazione di Astaldi, all’unanimità, ha preso atto con favore della pronuncia del Tribunale e, al riguardo, informa che sta procedendo al perfezionamento del piano concordatario e a tutti gli adempimenti previsti dalla normativa applicabile a tutela di tutti gli interessi coinvolti e al fine di rafforzare l’operatività e la continuità aziendale”. Le banche creditrici (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco BPM e Bnp Paribas) per tutelarsi sceglieranno un proprio advisor finanziario. Al momento appare improbabile l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti. Lo stesso si può dire per il ministero del Tesoro. I tecnici di Via XX Settembre sono già impegnati a concedere un prestito ponte a Condotte (terzo gruppo di costruttori in Italia) scivolata in amministrazione straordinaria. Pertanto, il colosso romano delle infrastrutture dovrà contare solo sulle sue forze per uscire da questa crisi.
Purtroppo, però, il contesto non è dei migliori. In Italia negli ultimi dieci anni si è registrato un calo senza precedenti degli investimenti nel settore delle infrastrutture, perdendo circa 11 miliardi di euro di giro d’affari. Le ricadute si fanno sentire anche sui conti di Astaldi. Il gruppo, pur essendo una multinazionale (è presente in Asia, Africa, ad America), opera soprattutto in Italia. Infatti, l’azienda non riesce a far fronte alla penuria di liquidità nonostante abbia chiuso il 2017 con un portafoglio totale di oltre 24 miliardi e un fatturato superiore ai 3 miliardi. A maggio per ripianare un indebitamento di 1,66 miliardi di euro, viene effettuato un aumento di capitale di 300 milioni di euro che permette l’ingresso di un socio industriale, i giapponesi di Ihi Corporation. Questo però non basta. Nel giro di un paio di mesi l’azienda si trova costretta a cedere la concessione sul terzo ponte sul Bosforo in Turchia e il progetto per l’ospedale di Venezia-Mestre.
Ecco i motivi che hanno spinto la società a chiedere l’accesso ad un concordato preventivo. La dirigenza del gruppo aveva spiegato in una nota di voler usare questo strumento “per superare una temporanea tensione finanziaria”. Un eufemismo per dire che da gennaio 2018 Astaldi ha bruciato in Borsa più del 70% del suo valore. I mercati, come avviene sempre, hanno approfittato delle debolezze strutturali e congiunturali dell’azienda. Per rilanciare il gruppo quindi non basterà trovare dei nuovi creditori ma è necessario far partire una grande piano di opere pubbliche in Italia e nel contempo sostenere Astaldi nell’acquisizione di nuove commesse all’estero.
Salvatore Recupero
Astaldi in crisi: solo sessanta giorni di tempo per salvarsi
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1 commento
Astaldi ha il debito anche con 2 ex banche pubbliche fino al 1992 e poi privatizzate; Unicredit e Banca Intesa, che posseggono anche il 60% di bankitalia ora privata.Se erano ancora pubbliche avrebbero molto probabilmente aiutato di piu’ nel momento di crisi un azienda italiana importante.E’ fondamentale nazionalizzare subito Banca d’Italia e creare subito banche pubbliche importanti.Cosi avremmo in mano sia la creazione primaria del denaro che quella secondaria e potremmo fare le grandi opere pubbliche a costo zero e la cui assenza stà facendo quasi fallire anche la Ansaldi.Senza quello si rimane in mano alle macchine stampasoldi a costo zero private