Siena, 28 nov – Dopo dieci lunghe ore, giovedì scorso l’assemblea di Mps ha approvato il piano di salvataggio dell’istituto senese, dando il via libera al maxi aumento di capitale da cinque miliardi di euro. Il board del Monte dei Paschi di Siena punta a concludere l’operazione entro Natale. Il piano parte dal deconsolidamento di ventisette miliardi di sofferenze lorde. Per ripianare le perdite si procederà a una ricapitalizzazione, che si fonda su tre punti essenziali: conversione volontaria fino a circa cinque miliardi di bond subordinati, da cui Mps stima di ricavare poco più di un miliardo; uno o più anchor investor; un’offerta di nuove azioni, senza diritto di opzione ai soci, in modo da raggiungere i cinque miliardi di nuovo capitale.
Il governo ha salutato in maniera entusiasta la scelta degli azionisti senesi. Il ministro Pier Carlo Padoan ha benedetto quest’accordo: “Ho fiducia nel piano previsto dal manager e saremo conseguenti”. Un’affermazione importante dato che Padoan, come ministro del Tesoro, è uno dei principali azionisti di Mps con un pacchetto azionario del 4%. Non sono mancate, però, le voci critiche. In particolar modo da segnalare l’intervento del consigliere della Regione Toscana, l’economista Claudio Borghi Aquilini. Per Borghi, responsabile economico della Lega Nord: “Il piano Mps è una rapina perché può perfezionarsi solo a spese degli obbligazionisti”. Un giudizio certamente duro ma ben argomentato. Secondo il politico leghista: “Il risparmiatore cederà le proprie obbligazioni in cambio di azioni che quando potranno essere vendute varranno quasi nulla”. A guadagnarci, secondo il cattedratico lombardo, “in condizioni normali”, dovrebbero essere coloro che scelgono di non cedere le loro obbligazioni. Questo schema, però, funziona solo se c’è qualcuno che s’immola per gli altri. Per usare le parole di Borghi: “Il meccanismo è: o mi consegnate dieci persone da ammazzare o vi ammazzo tutti. Tu dovresti sperare che si offra volontario un altro. Pertanto è probabile che il piano fallirà dopo, quando ci sarà da consegnare le obbligazioni e nessuno lo farà sperando lo facciano gli altri”. Ecco perché il docente leghista si augurava che il quorum dell’assemblea del Monte dei Paschi (20% del capitale) non fosse raggiunto. Infatti, se fosse fallito il piano del board di Rocca di Salimbeni prima del referendum del quattro dicembre, il governo avrebbe sicuramente salvato i risparmiatori toscani. Dopo il referendum, qualunque sia l’esito della consultazione, gli obbligazionisti rischieranno di trovarsi con un pugno di mosche in mano. Purtroppo nessuno ha dato retta all’economista leghista. E ora, guarda caso, si scopre che l’aumento partirà subito dopo il referendum costituzionale del quattro dicembre. Tra gli azionisti c’è chi aspetterà l’esito della consultazione per decidere se sostenere o meno la banca toscana. Per l’amministratore delegato Marco Morelli però l’impegno di Mps nella realizzazione del piano “è sicuramente sganciato dall’esito del referendum. Che poi qualcuno faccia valutazioni sull’esito del passaggio referendario, ognuno è libero di farle. Noi diamo una valutazione di quello che pensiamo di poter fare, indipendentemente da variabili ambientali”. Ad oggi Morelli ha incontrato più di duecentocinquanta investitori, dai private equity ai fondi sovrani e istituzionali (hedge fund compresi). Nessuno di questi, però, ha preso impegni vincolanti: i soggetti interessati – come ha sottolineato il Ceo di Mps – si faranno avanti in prossimità del lancio, quando sarà aperta la finestra di sottoscrizione (si parla del 7-8 dicembre, con chiusura entro le vacanze natalizie). Il quadro che si delinea è chiaro i piccoli si fanno da parte per fare posto ai grandi investitori professionali. Come sostiene Il Sole 24 Ore: “La partita sulla conversione dei bond Mps se la giocheranno gli hedge fund o comunque investitori professionali in grado di valutare i rischi di un’operazione che, nella sua complessità, presenta ancora molte incognite”. Sebbene venga proposta la conversione al valore nominale di cento, il rischio dell’operazione mal si concilia con il profilo di rischio dei 37mila piccoli sottoscrittori originari. Per il semplice fatto che si passerebbe a un investimento azionario e oltretutto in un contesto nel quale non si possono fornire garanzie sulle chance prospettiche di “tenuta” dell’azione.
Molti risparmiatori, in effetti, pare abbiano già scelto di uscire dalla partita, visto che il bond in mano al retail ha sofferto negli ultimi giorni di un’ondata di vendite che ha fatto scendere le quotazioni anche sotto 60. Il ceto medio che con la sua propensione al risparmio era la spina dorsale di questo paese lascia il posto alla finanza apolide. Il quotidiano di Confindustria conferma dunque la validità del ragionamento di Borghi. È ormai palese che i risparmiatori hanno preferito perdere tanto piuttosto che perdere tutto. Come dar torto agli azionisti toscani. Chi si fiderebbe di una banca che ha bruciato otto miliardi di capitale negli ultimi due anni e mezzo? E allora la palla passa alla finanza speculativa. Nessuno finora sa chi avrà in mano i titoli. Una cosa però è certa: chi si è mosso sui bond Mps è un investitore “attivo”, abituato a scommettere su operazioni rischiose, ma ad alto ritorno in caso di successo. Tipicamente questo tipo di investitore usa diversificare il rischio. Puntano le loro fiches su più tavoli da gioco, perché sono i compari del biscazziere. Gli hedge fund hanno sempre un piano A e un piano B. Comunque vada fanno profitto. La finanza globale, come direbbe Giorgio Gaber, non ha certo la superstizione della democrazia. Ecco perché la politica che segue le indicazioni dei mercati rischia solo di essere la comparsa in una commedia scritta da altri.
Salvatore Recupero