Assisi, 7 ago – Sarà visitabile fino al 31 agosto, presso il Museo della Porziuncola di Assisi, la mostra “Gerardo Dottori, Santo Francesco”. La mostra si focalizza sulla natura mistica delle opere del futurista perugino, particolarmente appassionato di San Francesco.
Letterato, pittore, soldato e novellista, Dottori nasce a Perugia l’11 novembre 1884 da una famiglia poverissima. Si iscrive ai corsi serali dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”. Il giorno lavora come commesso di un antiquario per pagarsi gli studi. Dopo il diploma, inizia a lavorare tra Milano e la sua Umbria. Si lascia soggiogare dalle curve delle colline: “L’Umbria predilige il cerchio, la curva dolce, le ascese che suggeriscono la spirale. Cosicché è nato spontaneo in me un paesaggio umbro circondante in cui costringo lo spettatore a porsi idealmente con me nel centro dell’aeropittura per dominarla e viverla nella rotondità totalitaria” – scrive nel Manifesto Umbro dell’Aeropittura. Ribelle ma pacato, Dottori si avvicina ai futuristi perugini che si riunivano presso il caffè “Mezzabestia” (così soprannominavano il proprietario del locale). Nel 1914 figura tra gli organizzatori della rocambolesca serata futurista al teatro Turreno. Partito per la Prima guerra mondiale, non cesserà di dipingere e scrivere novelle e racconti, anche in trincea. Dopo la guerra, gli viene offerto un posto da accademico presso l’Accademia di Belle Arti. Rifiuterà: la sua tempra non gli consentiva di imprigionare l’arte tra le polverose mura universitarie. Fonderà invece la rivista “Griffa!”, per diffondere le idee del futurismo nella placida Perugia. Inizia qui a delinearsi la sua poetica. Dottori si sentiva un mistico ma non nel senso esotico del termine: la forma doveva essere asciutta per disciplinare lo spirito, e la forma scarna si poteva raggiungere solo con la pratica ossessiva e certosina dell’azione. Per questo amava San Francesco. Per questo prediligeva “forme eleganti e vigorose”.
Nelle opere di Dottori, si nota “la divinizzazione della natura”, la “spiritualizzazione” fusa “allo spirito guerriero”, “la velocità entusiasmante al punto di diventare eroismo e preghiera”.
A ben vedere, un certo tipo di impostazione non era certo estranea al futurismo. Il 23 giugno del 1931, viene pubblicato il Manifesto dell’arte sacra futurista, in cui Dottori viene innalzato a sommo esempio. I futuristi rivendicavano la sacralità della febbre dell’azione, “dell’uso della luce elettrica per decorare le chiese”. Scrivevano con consapevole provocazione: “Soltanto gli artisti futuristi, che da vent’anni impongono nell’arte l’arduo problema della simultaneità, possono esprimere chiaramente, con adeguate compenetrazioni di tempo-spazio, i dogmi simultanei del culto cattolico, come la Santa Trinità, l’Immacolata Concezione e il Calvario di Dio”.
Parteciperà alla Biennale di Venezia e collaborerà con la Mostra per il decennale della Rivoluzione fascista. Innamorato della sua città, donerà al Comune di Perugia, prima di morire, nel 1977, 5 opere da esporre nella Galleria d’Arte moderna. Oggi, questa mostra, rende parziale giustizia ad un artista apprezzatissimo all’estero, ma barbaramente trascurato nella sua Perugia.
Roberto Guiscardo
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