Roma, 25 ott – Con l’incendio della leggendaria Biblioteca di Alessandria, purtroppo, è andato distrutto e perduto per sempre gran parte del sapere antico. Nei millenni, però, qualche remota fonte su straordinari studi dei nostri antenati è sopravvissuta fino a noi. Un frammento di una mappa stellare composta dall’antico astronomo greco Ipparco di Nicea, è stato rivelato con immagini multispettrali su nove pagine appartenenti a un famoso testo religioso medievale. Noto come Codex Climaci Rescriptus, il prezioso documento originariamente si trovava nel monastero di Santa Caterina (VI secolo), nella penisola egiziana del Sinai. Queste pagine appena identificate, sono state datate dagli studiosi intorno al V o VI secolo a.C. in base allo stile della scrittura.
La scoperta di Ipparco
“Ci è stato chiaro fin da subito che avevamo trovato le coordinate stellari”, ha affermato Victor Gysembergh del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica, annunciando la scoperta. I numeri sulla mappa indicano, in gradi, la lunghezza e la larghezza della costellazione della Corona Boreale e le coordinate delle stelle nei suoi angoli più remoti. I ricercatori hanno utilizzato le coordinate riportate nel documento per determinarne il periodo. Esse sono state scattate nel 129 a.C., all’incirca nel periodo in cui l’antico astronomo Ipparco viveva sull’isola di Rodi. La conoscenza del catalogo di Ipparco di Nicea, composto da circa 850 stelle, è stata possiile solo grazie ai riferimenti su esso in altre opere. L’astronomo greco ha studiato la posizione e la luminosità delle stelle, riconoscendone uno spostamento di circa due gradi nella posizione delle stelle lontane dalle loro posizioni originali. Oltre duemila anni or sono, Ipparco di Nicea aveva correttamente concluso che questo spostamento era dovuto all’oscillazione della Terra sul suo asse.
La prima scoperta nel 2012, erroneamente attribuita a Eratostene
Considerata perduta fino ad oggi, la scoperta straordinaria di questa mappa stellare di Ipparco è stata possibile solo grazie allo studio della pergamena medievale proveniente dal monastero egiziano. In realtà, il primo ad accorgersi della particolarità di queste pagine era stato lo studioso biblico Peter Williams, dell’Università di Cambridge. Nel 2012 Williams si era dedicato allo studio del Codex Climaci Rescriptus, una raccolta di testi siriaci scritti tra il X e il XI secolo d.C. di proprietà del Museo della Bibbia di Washington. Il professore aveva notato che alcune pagine erano state in realtà riscritte su un testo precedente e ancor più antico, raschiato via per riutilizzare le foglie. Insomma, anche i monaci medievali spesso “risparmiavano” riciclando la carta. Quando Williams chiese ai suoi studenti di analizzare le pagine del manoscritto, uno di essi individuò un passaggio in greco attribuito erroneamente all’astronomo Eratostene. Nel 2012, però, gli strumenti erano ancora insufficienti per svelare l’arcano e soltanto cinque anni dopo, nel 2017, rianalizzando pagina per pagina il documento, i ricercatori di due note università di New York e della California, hanno finalmente rilevato dei dettagli inconfondibili. Sul documento erano rappresentate proprio le coordinate stellari raccolte da Ipparco di Nicea.
Ipparco di Nicea
Noto anche come Ipparco di Rodi, Ipparco nasce a Nicea, nel 190 a.C. e muore a Rodi, 120 a.C. Egli è stato un astronomo e geografo greco antico, noto principalmente per la scoperta della precessione degli equinozi. Tra i più grandi astronomi dell’antichità, fino ad oggi si credeva che nessuna delle sue opere, almeno quattordici, si fosse conservata, ad eccezione di un commentario su un poema di argomento astronomico di Arato di Soli. Ipparco sviluppò accurati modelli per spiegare il moto del Sole e della Luna, servendosi delle osservazioni e delle conoscenze accumulate nei secoli dai Caldei babilonesi. Fu il primo a stimare con precisione la distanza tra la Terra e la Luna. Grazie alle sue teorie sui moti del Sole e della Luna e alle sue nozioni di trigonometria, della quale è ritenuto il fondatore, è stato probabilmente il primo a sviluppare un affidabile metodo per la previsione delle eclissi solari e lunari. Ipparco fu anche colui che, probabilmente, inventò l’astrolabio. Fu inoltre il primo ad avanzare l’ipotesi che le stelle non fossero fisse, ma in movimento. Secondo alcune fonti antiche, Ipparco nutriva grande interesse soprattutto per l’astrologia geografica. Secondo l’astronomo greco, infatti, certe zone del globo risentono dell’influsso di determinate costellazioni zodiacali. È inoltre stato il primo a compilare una tavola trigonometrica, che gli permetteva di risolvere qualsiasi triangolo.
La più antica mappa stellare “moderna“
La precedente attribuzione a Eratostene, però, non era del tutto errata. Nove delle 146 pagine dell’antico manoscritto contengono materiale astronomico che, stando alla datazione al radiocarbonio e considerato lo stile di scrittura, probabilmente venne trascritto tra il V e il VI secolo. Studiando con attenzione il testo “sottoscritto” raschiato, il team di ricercatori è riuscito a stabilire che si trattasse proprio delle coordinate stellari di Ipparco. Le misurazioni sono precisissime considerando che si tratta delle prime mai realizzate e messe per iscritto. Quello di Ipparco, è un metodo inedito nella storia. Esso segna il passaggio dall’astronomia antica, basata esclusivamente sull’osservazione del cielo, a quella moderna, unendo all’osservazione calcoli utili per mappare e definire la posizione dei corpi celesti. Un genio indiscusso, Ipparco, che oltre duemila anni fa donò all’umanità un sapere antico ma proiettato nel futuro, oltre le credenze delle epoche e i calcoli scientifici.
Andrea Bonazza
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