Trieste, 11 mar – È di questi giorni la notizia che in 45 asili di Trieste sia stato imposto ai bambini il “gioco del rispetto”, che consiste in toccamenti vari nelle parti intime tra bambini e bambine e in travestimenti a ruoli invertiti, così da superare le “stereotipate” barriere di genere. Nelle menti dei luminari che hanno avviato questo programma educativo deve dunque apparire incomprensibile ciò che spinge ogni bambina a sognare di essere fata o principessa e ogni bambino a voler essere un cavaliere o un pirata; ma forse basterebbe chiedere il parere a sua maestà Debora Serracchiani, Presidente della Regione Friuli e braccio destro del premier Renzi la quale è certo più sensibile all’educazione dei bimbi piuttosto che alla verità storica sulle Foibe.
Fortunatamente non tutti sono proni alle grandi verità delle élite anti-nazionali e quindi le famiglie triestine sono insorte e hanno mandato a quel paese un’assurdità che in altri anni sarebbe finita sotto la fattispecie della molestia sessuale. Eppure quello del capoluogo friulano non è un caso isolato ma l’ennesimo episodio di un’insistente tentativo di rieducazione sessuale in linea con la teoria gender che in soldoni sostiene che maschio e femmina siano costruzioni sociali innaturali, fissate dal contesto educativo in cui si nasce. Ammesso e non concesso che la sessualità sia un costrutto sociale, non si capisce dove stia la stortura da correggere, dal momento che la sessualità ha come primo scopo la procreazione e garantire la sopravvivenza della specie. Inoltre, chiunque abbia osservato i bambini all’asilo, sa quanto risulti spontaneo l’affetto tra maschietti e femminucce, tanto da lasciare talvolta interdetti i puritani genitori.
Da un punto di vista onesto sembra che la teoria del gender voglia piuttosto imporre l’omosessualità e la confusione dei ruoli, così da demolire alla radice il nucleo fondante della civiltà europea: la famiglia. Dunque è la teoria del gender a operare una costruzione sociale per scopi politici: col pretesto dell’emancipazione (non si capisce bene da cosa…) si preparano nuove catene sin dalla culla. Costretti a preferire una sessualità promiscua e sterile, egoistica e sradicata dalla comunità di appartenenza. Serracchiani, Boldrini e co. potrebbero spiegarlo alle molte famiglie di arabi e africani che vivono ora in Italia, sarebbe un buon modo per spingerli ad andarsene dal nostro paese.
La sessualità è per sua natura libera e chiede sempre il conto. Basti pensare al fatto che pure negli anni conservatori e oscurantisti della DC l’omosessualità e la prostituzione non erano certo pratiche inusuali. Eppure tutti allora crescevano in una cultura fortemente religiosa e familista. La distorsione ontologica che spinge i maschi a travestirsi da femmine e le bambine a farsi toccare senza pudore è figlia della cultura femminista, dell’odio atavico che il marxismo ha artificialmente instillato in classi oppresse create ad arte contro ogni forma di autorità. Eppure la stessa Serracchiani è un’autorità di non poco conto oggi e in osservanza alla sua visione del mondo la chiameremo Deboro S.
Deboro S., Lauro B. e gli altri luminari nostrani sono in prima linea in una battaglia di cui chi scrive ha già per certi versi trattato in queste pagine: la lotta contro il padre, contro il pilastro di autorità della civiltà europea.
L’insistenza sulla questione del femminicidio, sulla libertà della donna di “scegliere” (non si capisce bene cosa), su presunte discriminazioni contro gli omosessuali e quant’altro, sono solo pretesti, strumentalizzazioni che fanno del privato una cosa pubblica, allargando la battaglia politica alle mura di casa. Il controllo mentale e la rieducazione si insinuano fin sotto le lenzuola, gettando in pasto a telecamere e pubblica opinione anche ciò che fino a ieri era considerato cosa privata e personale.
La figura del pater familias è il centro di un attacco ad alzo zero per disfare la famiglia non come cellula conservatrice di valori, ma come nucleo dell’eredità culturale e biologica della nazione. Il padre come educatore e guida, come colui che avvia i figli verso il loro specifico destino, questo è il simbolo da abbattere. L’uomo, il maschio, il virile e composto protettore di donna e figli non esercita la sua autorità con la forza o alzando la voce: l’autorevolezza paterna si esprime nel silenzio e nell’esempio di tutti i giorni. Così assolve il suo compito l’uomo, nella composta serietà di un ruolo che è tra i più difficili e pesanti. È l’anello in una catena.
Abbattuti da divorzi e vessazioni economiche, screditati nei film e nella letteratura, ignorati dalla politica, messi da parte nella scelta del cognome e svirilizzati nelle istituzioni scolastiche, i maschi si trovano oggi in prima linea nell’attacco portato dalle élite cosmopolite contro la cultura europea e contro la sua essenza.
Le prime a subire le conseguenze della creazione dell’Acefalo sono proprio le donne, coloro che si finge di voler tutelare. Prese nella morsa di impegni e carriera, le donne si ritrovano a essere madri nevrotiche e asessuate, private di un partner autorevole, presente e provvidente. Donne che devono fare “tutto da sole”, madri il cui amore non ha sbocco ed è senza luce. Perciò invece che parlare di femminicidi o inesistenti discriminazioni sessiste, bisognerebbe ragionare sugli infanticidi in crescita, quasi sempre compiuti da donne. Perché una maternità svuotata del suo tempo, della sua ricchezza e della sua importanza, è un amore svuotato ed è, infine, l’inizio di un mondo di vecchi e moribondi, chiusi in se stessi in un compiacimento masturbatorio.
Forse è il mondo ideale di Deboro S. e soci, certo non il nostro.
Francesco Boco
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[…] fatto molto discutere, in questi giorni, il cosiddetto “Gioco del rispetto”, un progetto nato in Friuli Venezia Giulia nell’ambito delle attività volte alla prevenzione […]
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[…] fatto molto discutere, in questi giorni, il cosiddetto “Gioco del rispetto”, un progetto nato in Friuli Venezia Giulia nell’ambito delle attività volte alla prevenzione […]
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[…] offensiva ideologica. Gli scopi di tutto ciò? Diversi ma convergenti: «un vero e proprio processo contro il maschio e il pater familias», «un attacco infido e sleale il cui bersaglio principale sono il matrimonio e la famiglia […]