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La società della sorveglianza, un prodotto liberale: in libreria una novità controcorrente

by La Redazione
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società sorveglianza, liberalismo

Firenze, 29 gen – L’ultima novità firmata Passaggio al Bosco Edizioni è un saggio tascabile che sta facendo discutere: La società della sorveglia. Fase ultima del liberalismo, firmato da Guillaume Travers e pubblicato in Francia in occasione dell’imposizione del “pass sanitario”. Questo libro ha il potere di fotografare la deriva liberticida in atto, inquadrandola nel campo della dottrina politica e offrendo delle soluzioni politiche e spirituale alla sua ineluttabile realizzazione. La domanda che apre il testo è molto semplice: “La società della sorveglianza” manifesta la morte della “società aperta” promossa dai pensatori liberali? Niente affatto. Al contrario, ne è il logico e conseguente sviluppo.

La società della sorveglianza? E’ tutta liberale

Ecco perché i liberali, come sta già accadendo, promuoveranno molto presto tutti i metodi tecnicamente possibili per un controllo sociale capillare e totalizzante: chipping delle popolazioni, riconoscimento facciale, monitoraggio algoritmico, modificazioni genetiche, 5G e pass virtuali. Quella che stiamo vivendo – a prescindere dalle legittime opinioni scientifiche, personali e sanitarie – è una riconfigurazione che apre le porte ad un mutamento epocale del nostro stile di vita, operando una chiusura dello spazio pubblico e una restrizione dei cosiddetti “diritti fondamentali”: un processo irreversibile, che introduce una sorveglianza capillare e immanente. Non è un problema legato alla tecnica in sé, ma alla deriva fanatica di chi ne detiene il controllo assoluto: l’élite del capitalismo globale, punta di lancia del modello liberale.

Di qui, la disanima dell’autore sulla natura primigenia dei concetti che dominano il dibattito pubblico: che cosa differenzia “la libertà dei liberali” dalla “libertà degli antichi”? La prima, totalmente astratta e contrattuale, non ha nulla a che fare con la concretezza essenziale e spirituale della seconda. Per i nostri antenati – infatti – la libertà era sempre relazionale e politica: si manifestava anzitutto nei confini limitati della Polis, diventando un tutt’uno con con il Noi collettivo della Comunità. In tal senso, era sempre riferita ad un “bene comune” condiviso, che esprimeva un’appartenenza, un’esperienza spartita, un retaggio fatto di obblighi e di doveri, un’identità fondata su un codice d’onore. Oggi, al contrario, la libertà è un concetto universale, che non presuppone alcuno sforzo e alcuna contropartita: il diritto individuale è quasi sempre un capriccio materiale che si risolve in una vaga esibizione social.

Per non cedere dinanzi alla prassi liberale, tesa a relativizzare e cancellare le distinzioni naturali o culturali, occorre ripoliticizzare verticalmente l’esistente: recuperare una visione del mondo, mantenere saldi i legami, costruire e condividere circuiti comunitari che sappiano rendersi indipendenti e contaminare il presente. Il libro di Travers, in tal senso, rappresenta un ottimo contributo: aiuta a prendere coscienza, ma anche ad affrontare il baratro.

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2 comments

Cesare 29 Gennaio 2022 - 6:52

Ho letto che siamo passati dalla società della disciplina, dove ognuno veniva educato ai suoi diritti e doveri e veniva lasciato libero di agire all’ interno di regole, ad una società del controllo totale di persone che non conoscono nemmeno i propri diritti nè doveri.Penso sia assolutamente vero.

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fabio crociato 30 Gennaio 2022 - 12:41

!!!!!

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