Roma, 5 dic – In questi giorni di caos “politico” nella capitale, durante gli scavi per la fermata S.Giovanni della metro C è stato rinvenuto “il più grande bacino idrico mai ritrovato” all’interno di quella che sembrerebbe “un’azienda agricola della Roma imperiale, la più vicina al centro di Roma che sia mai stata ritrovata”. Ad annunciarlo è Rossella Rea, responsabile scientifico degli scavi archeologici nel cantiere. Si tratta di una vasca “così grande che supera il perimetro del cantiere e non è stato possibile scoprirla interamente”.
Le archeologhe Francesca Montella e Simona Morretta, spiegano che la vasca “era foderata di coccio pesto idraulico e, nelle dimensioni oggi note, poteva conservare più di 4 milioni di litri d’acqua. Nel I secolo si aggiunge alle strutture di sollevamento e distribuzione idrica di un impianto agricolo attivo dal III secolo a.C. Nell’area dell’attuale di via La Spezia e di San Giovanni. Il bacino misurava circa 35 metri per 70, pari a un quarto di ettaro, la superficie di uno iugero. Sembra probabile che la sua funzione principale fosse quella di riserva d’acqua a servizio delle coltivazioni e vasca di compensazione per far fronte alle piene del vicino fiume. Nessun altro bacino rinvenuto nell’agro romano ha dimensioni paragonabili”.
In fatti questo bacino è molto più grande di tutti i suoi similari scoperti finora. “Oltre le pareti del cantiere – prosegue la Rea – la vasca si estende verso le Mura, ove probabilmente si conserva, e in direzione di piazzale Appio, nell’area interessata dalla stazione della Linea A ove, invece, è stata sicuramente intercettata e distrutta senza che ne fosse documentata l’esistenza” e questo purtroppo avviene una moltitudine imbarazzante di volte.
Gli scavi nella capitale arrivano fino a 20metri di profondità ma “le informazioni storiche sul settore di San Giovanni erano molto scarse; del resto, il territorio ha subito trasformazioni tali da nascondere sotto metri di terreno le strutture repubblicane e imperiali esistenti fino alla fine del III secolo, quando la realizzazione delle Mura Aureliane prima, e l’urbanizzazione del XX secolo dopo, portano alla definitiva obliterazione di ogni volume” fa sapere l’archeologa. “Lo scavo della nuova stazione metropolitana ha consentito di spingere la ricerca archeologica a profondità non altrimenti raggiungibili. Un’opportunità di ritrovare la storia del territorio e dell’uomo, attivo nell’area dalla fine del VII secolo a. C., quando inizia a occupare le sponde di un corso d’acqua a fondovalle, e percorre con carri un primo tracciato viario in terra battuta”.
Andrea Bonazza