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Il regime della natura: l’ecologia al tempo del fascismo

by Adriano Scianca
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ecologia fascismo

Da quando va di moda Greta e l’ecologismo apocalittico, l’abbiamo sottolineato più volte: non si tratta di replicare a questa follia ideologica facendosi avvocati difensori dei petrolieri, ignorando la questione ambientale o blindando lo status quo. Serve – era il titolo di copertina di un numero del Primato Nazionale di qualche mese fa – una «ecologia futurista», che si faccia carico dei temi ambientali ma che li declini in una chiave propositiva, creativa, solare, non catastrofista, non moraleggiante, non colpevolizzante. Più facile a dirsi che a farsi? Forse. Eppure, a ben vedere, la storia fornisce qualche esempio in materia, se non altro per quel che riguarda la direzione da prendere. Il fascismo, per esempio, rappresenta ancora oggi un modello di approccio all’ecologia che, se va inevitabilmente aggiornato dal punto di vista dei problemi e delle soluzioni, «filosoficamente» fornisce più di una indicazione preziosa.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di agosto 2022

Se ne sono resi conto anche Marco Armiero, Roberta Biasillo e Wilko Graf von Hardenberg, i tre storici autori de La natura del duce: una storia ambientale del fascismo (Einaudi). Ovviamente si tratta di una conferma indiretta: proprio perché i tre studiosi partono da un’adesione pressoché totale alle tesi ideologiche oggi in voga e da un antifascismo viscerale, le critiche che essi muovono alle politiche ecologiche del fascismo ci aiutano a pensare l’ecologia altrimenti.

Rosicate green

Dal punto di vista meramente fattuale, la pervicacia ideologica con cui gli autori cercano di accreditare l’immagine di un Regime anti-ecologico è stupefacente. In poche parole, se il fascismo «fece cose buone», fu un caso. Se non fu un caso, fu una parentesi. Se non fu una parentesi, fu un’eccezione, e se non fu neanche un’eccezione, comunque non si può applaudire, perché il fascismo è brutto, sporco e cattivo e di conseguenza lo sono anche tutte le sue pratiche.

Qualche esempio: dei cinque parchi nazionali storici istituiti prima della legge quadro del 1991, per esempio, quattro (Gran Paradiso, Abruzzo, Circeo e Stelvio) vennero istituiti dal fascismo e uno (Calabria) fu lo sviluppo di un’idea del gerarca Michele Bianchi. Ma, spiegano gli autori del saggio, «fu sostanzialmente un caso che a farli nascere sia stata la firma di Mussolini». La caccia invernale all’orso fu vietata dalla legge venatoria del 1923 e il numero di orsi uccisi negli anni successivi venne dimezzato? «È difficile valutare se questo fosse dovuto a un successo delle politiche fasciste piuttosto che a una crescente scarsità di orsi da cacciare».

L’ecologia, il fascismo e i suoi critici

In altri casi, alcune mosse palesemente azzeccate del fascismo vengono liquidate come inspiegabili parentesi. Nel 1939, ad esempio, su impulso di Giuseppe Bottai, venne varata la nuova legge sulla tutela dei paesaggi e della natura che gli stessi autori del libro non possono negare di apprezzare, definendola però «una tarda eccezione». Stessa cosa per il divieto totale di caccia e il monitoraggio della quaglia tra il 1934 e il 1936, definito nel saggio «raro esperimento di autentica tutela basato su solidi presupposti tecnico-scientifici». Quanto, poi, alle politiche di riciclo, alla lotta agli sprechi, e ricerca di fonti alternative che, come ha mostrato Marino Ruzzenenti in L’autarchia verde (Jaca book), spesso anticiparono le soluzioni della green economy, Armiero, Biasillo e Graf von Hardenberg sono costretti ad ammettere a denti stretti: «Non vogliamo negare che alcuni discorsi dell’autarchia, specie quelli sul risparmio e la lotta agli sprechi, possano risuonare familiari alle orecchie ecologiste di oggi». Ma «quello che conta non è quanto verdi siano stati i fascisti ma quale tipo di relazioni socioecologiche mirassero a instaurare. Non sprecare non porta necessariamente a una società più giusta o ecologicamente sostenibile».

Insomma, poiché i fascisti furono fascisti, avevano torto anche quando avevano ragione. Sarebbe come dire che, siccome l’Urss era una società da incubo, l’impresa di Yuri Gagarin non fu un’incredibile conquista scientifica. La conclusione la…

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