Roma, 19 ott – A partire dagli anni fra il 2003 e il 2006 la saggistica inerente il rapporto tra la Chiesa cattolica e il fascismo si è arricchita considerevolmente grazie all’apertura degli archivi vaticani relativi al pontificato di Papa Ratti.
Che quello tra Chiesa e fascismo sia stato un rapporto discusso a lungo dalla storiografia lo evidenzia l’introduzione de L’interesse superiore. Il Vaticano e l’Italia di Mussolini (Laterza, 338 pp, 22 €) di Lucia Ceci. La docente di storia contemporanea all’Università Tor Vergata di Roma sottolinea da una parte come nel secondo dopoguerra si sia assistito alla pubblicazione di scritti che sostenevano apologeticamente l’opposizione della Chiesa al regime o, al contrario, ne sottolineavano il connubio trascurandone momenti e motivi di tensione, dall’altra come queste pubblicazioni di impianto ideologico siano state superate già a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.
Il lavoro di Ceci risulta importantissimo perché ha il merito di riannodare «in una narrazione gli elementi più significativi e più innovativi del ricco materiale che si è accumulato negli anni».
Il filone argomentativo scelto dalla storica prende in riferimento i vertici delle due organizzazioni: Mussolini e il Vaticano. Questo perché «nella loro diversità, la Chiesa e il fascismo hanno avuto in comune un’organizzazione gerarchica incentrata sui principi di autorità, disciplina, obbedienza». Questa scelta porta a infrangere le periodizzazioni classiche: l’incontro tra le due istituzioni parte da lontano, dall’infanzia di Benito Mussolini. Così l’autrice ci dà conto dei mutamenti che investono la società italiana e il mondo cattolico a partire dalla fine dell’Ottocento e che segnano un momento cruciale sia per la sacralizzazione della politica, sia, viceversa, per la politicizzazione del culto cattolico e per l’entrata definitiva dei cattolici nella vita politica d’Italia.
Sul piano dell’interpretazione, la delineazione in termini più articolati del rapporto tra Chiesa e fascismo – un rapporto nel quale risultano significative divergenze – risulta chiara dalla distinzione tra la dimensione autoritaria del fascismo, ben vista all’interno degli ambienti vaticani nell’ottica gerarchica di restaurazione cristiana, e la sua dimensione totalitaria, che comportava la pretesa di invadere ambiti che la Chiesa riteneva di propria stretta competenza. Proprio intorno al concetto di totalitarismo, come si può vedere nelle pagine del libro, nascono i maggiori contrasti e le più chiare rivalità – si pensi a quella tra Opera Nazionale Balilla e Azione cattolica, per esempio – cosicché per l’autrice risulta «legittimo affermare che nel rapporto tra la Chiesa e il fascismo finiscono per confrontarsi due diversi modelli di pedagogia dell’uomo e due mobilitazioni di massa».
Ulteriore peculiarità del lavoro rispetto a pubblicazioni precedenti, deriva dall’ultimo capitolo, nel quale vengono trattate le vicende della Repubblica Sociale Italiana, durante le quali la Santa Sede, nella confusione politico-istituzionale dell’Italia, seppe accreditarsi come interlocutore privilegiato per la ricostruzione morale dell’Italia.
Renato Montagnolo