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“Moby Dick alla prova”: Elio De Capitani porta in scena Welles e Melville

by Tommaso de Brabant
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Roma, 12 mag – Una compagnia di attori (senza nome, a parte quelli dei rispettivi personaggi) è riunita per provare il Re Lear di Shakespeare; ma il capocomico annuncia che porteranno in scena Moby Dick di Herman Melville. Messe da parte le obiezioni (su tutte, una semplice e concreta: come portare sul palco una balena?), trasformati Lear nel capitano Achab, sua figlia Cordelia nel mozzo Pip e la tempesta che sconvolge il re pazzo nel capodoglio, mutano il romanzo in rappresentazione teatrale.

Welles all’inseguimento della balena bianca…

Nel 1955 Orson Welles, il più grande genio della storia del cinema, riuscì a portare in scena a Londra il suo adattamento teatrale del romanzo di Melville, impresa che si era prefissata da anni, con un cast di prim’ordine: Joan Plowright nel ruolo di Pip (il mozzo di colore), Patrick McGoohan in quello di Starbuck (il primo ufficiale, coscienza inascoltata da Achab) e Christopher Lee come Flask (il terzo ufficiale, deriso dalla ciurma perché basso… eppure l’attore celebre per i film del conte Dracula sfiorava i due metri); allestimento che Welles filmò per la televisione americana, salvo poi restare deluso dal girato. L’anno successivo, Welles si accontentò (salvo filmare parte del proprio testo teatrale, in Francia nel 1971, in forma di monologo) di partecipare al kolossal girato in Irlanda da John Huston su sceneggiatura di Ray Bradbury (con ancora la Plowright in una breve apparizione, come moglie di Starbuck), relegato nel ruolo secondario di padre Mapple, il predicatore di Nantucket che arringa i balenieri da un pulpito ricavato da una coffa; ruolo recuperato dal capitano Achab del Moby Dick di Huston, Gregory Peck (divo sopravvalutato che, pur fuori parte, ebbe con questo film una delle sue interpretazioni più celebri), nella quasi inguardabile miniserie prodotta da Francis Ford Coppola nel 1998: ultima interpretazione dell’attore di Io ti salverò e Vacanze romane, con Patrick Stewart (scelta grottesca) negli sdruciti panni del “Vecchio Tuono”, il feroce baleniere blasfemo, ossessionato dal gigantesco capodoglio albino.

… e De Capitani all’inseguimento di Welles

Elio De Capitani, co-fondatore (insieme a Cristina Crippa, qui – come molte altre volte – in scena con lui, e a Gabriele Salvatores) a Milano del Teatro dell’Elfo, ha portato il Moby Dick alla prova di Melville-Welles in Italia; lo ha fatto con una tournée di due anni, cominciata proprio all’Elfo nel gennaio del 2022 e terminata al Manzoni di Monza (tre serate in un teatro semideserto: un paio di settimane prima il rivale cittadino, il Villoresi, ha fatto il pienone con un tragicomico tributo a Fabrizio De André) nell’aprile 2024: diciotto città per altrettanti teatri. Un’iniziativa, quella del veterano del teatro dalle sporadiche apparizioni al cinema (dopo il bruttissimo Sogno d’una notte d’estate del sodale Salvatores, e l’estemporanea collaborazione con Bruno Bigoni, è tornato sul grande schermo interpretando Berlusconi nel Caimano di Nanni Moretti e, molto più recentemente, in Lasciami andare di Stefano Mordini, quasi-remake in tono molto minore di A Venezia… un dicembre rosso shocking di Roeg).

“Moby Dick rehearsed”: grande letteratura e grande teatro

Una grande iniziativa culturale, quella del teatrante milanese (pur nato a Taleggio): un’impresa di alto profilo (Welles che rilegge Melville, il più grande cineasta di sempre interpreta uno dei maggiori romanzieri americani), e persino rischiosa (come dimostra la platea quasi vuota nel teatro del capoluogo brianzolo). Verboso, farraginoso, ipnotico (complici le canzoni folk): Moby Dick alla prova è un incubo di due ore e mezza, un’aggressione allo spettatore, schiaffeggiato da scene ad alto ritmo e assopito con monologhi chilometrici. De Capitani non è onnipresente, ma quando è in scena si piazza spesso e volentieri al centro, magari in posizione rialzata rispetto ai comprimari, a volte addirittura impallandoli; altrimenti li abbandona soli sul palco, lasciandoli affrontare da soli il testo, il personaggio e il pubblico, ormai più intimorito dell’attore stesso. Mascherati a ribadire la loro spersonalizzazione, gli attori si arrabattano a mettere in scena un’avventura marinaresca quasi senza mezzi, sino a rappresentare le scialuppe lanciate all’inseguimento della balena con tavolacci metallici. Balena che, a sua volta, è portata sul palco nel modo più semplice ed efficace possibile, in un’atmosfera ormai tanto cupa da far davvero sembrare che stia apparendo un feroce “mostro bianco”. Uno spettacolo difficile da seguire, che al genio di Melville e Welles aggiunge l’intelligenza di un maestro del teatro, e premia lo spettatore con la consapevolezza di assistere a un grande evento.

Tommaso de Brabant

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