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Il mea culpa della psicologa femminista: “Se le donne non fanno più figli è anche colpa nostra”

by Nadia Vandelli
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Roma, 21 Set. – Suona come un amaro (e saggio) “mea culpa” l’intervista al Corriere della Sera a Silvia Vegetti Finzi, psicologa e femminista, autrice di innumerevoli libri sulla condizione femminile e sulla maternità nonché moglie per 62 anni di Mario Vegetti, celebre studioso di filosofia antica. “Non facciamo più figli” – esordisce secca l’intervistatrice, Roberta Scorranese – e la Vegetti Finzi replica: “Ma la colpa è anche nostra”. Con “nostra” la psicologa intende “delle femministe”: “Io ho ottantadue anni, sono entrata nel movimento femminista tardi, nel 1980, ma sono poi stata molto attiva e la mia generazione ha sbagliato a non proporre una nuova idea di maternità alle giovani donne di allora, oggi ultra quarantenni”.
Vi abbiamo insegnato a essere figlie non madri
La Vegetti non ci gira intorno: “Vi abbiamo insegnato ad essere figlie e non madri. A fare carriera e non a costruire un nuovo modello di maternità. Vi abbiamo spinto a cercare madri simboliche, da Virginia Woolf ai modelli più attuali, cercando di tenervi sempre in una condizione “filiale” e non “generatrice”. (…) Così oggi ci sono migliaia di quarantenni che non hanno avuto figli e quando chiedo loro il perché di questa scelta la risposta è quasi sempre “perché c’erano altre priorità”. Che grave errore che abbiamo commesso, è il momento di riconoscerlo”. Molto prosaicamente, la Vegetti Finzi parla anche delle carriere universitarie brillanti delle ragazze di oggi, ridimensionandone l’importanza sul piano sociale. Per lei, infatti, le donne  “sono bravissime negli studi, si laureano meglio e prima degli uomini, magari cominciano a lavorare presto ma poi? Poi, scompaiono. Spariscono nel percorso della carriera e nella crescita professionale. Spesso per il cosiddetto «soffitto di cristallo», ma spesso anche perché non riescono a conciliare la maternità con il lavoro. Quello che avremmo dovuto fare è elaborare una maternità migliore, non cancellarla”.

“Abbiamo bisogno di padri, non di “mammi””

La psicologa ne fa una questione nazionale (e si badi bene, è lontana anni luce dall’essere una pericolosa sovranista): “È una perdita anche culturale. Pensiamo solo all’Italia: siamo il paese delle madri, dalla forma più discutibile come il “mammismo” a quella più nobile, cioè quella delle grandi rappresentazioni iconografiche della maternità religiosa. Eppure la sa una cosa? Ogni volta che ho proposto alle femministe una riflessione sulle annunciazioni nella pittura, mi hanno risposto molto freddamente”. E taglia corto pure sulla figura del “mammo”: “Che errore. Noi abbiamo bisogno di padri, non di mammi. La dissimmetria è un valore, io amo l’altro non il mio simile. Ma d’altra parte questo è il risultato di una maternità confusa. Il padre, simbolicamente, non esiste finché la madre non lo indica come tale. È sempre la madre che definisce la figura paterna e, al tempo stesso, ne trae forza. Bisogna capire che distilliamo potenza dalla differenza”.
Idee peculiari, quelle della psicologa, anche sull’importanza del ’68 nella condizione “militante” delle donne, spesso incensata come rivoluzionaria: “Sì, ma non è che nel Sessantotto le donne ebbero questo grande ruolo di protagoniste in Italia. Facevano le fotocopie dei volantini e nacquero così gli “angeli del ciclostile”. Poi vede, non era facile. Se una donna prendeva la parola in un’assemblea con centinaia di persone lo sguardo maschile era molto più presente e condizionante di quanto lo sia oggi. E lo sguardo maschile — ricordiamocelo — è sempre giudicante. Con una sua logica binaria: vecchia/giovane, brutta/bella, ribelle/docile. È stato difficilissimo affermarsi”.

Uno spunto per le neofemministe?

“Lo dico da sempre” tuona la Vegetti “se dessimo alla maternità il giusto peso, saremmo molto più liberi”. In un mondo in cui la maternità sembra nella migliore delle ipotesi  un orpello, una veste che possono indossare indistintamente uomini, donne, trans, binary e via dicendo, in realtà della maternità si sa – o si vuole approfondire – ben poco. La si reclama come diritto senza rispettarne sia il mistero sia la funzione sociale: ci chiediamo se le femministe della terza ondata che vanno berciando su Twitter sul rispetto dovuto a ogni identità accettino questa critica che viene dalla “sorgente” del loro sapere, e se in questa sorgente accettino di fare il bagno d’umiltà prima che si arrivi, davvero, all’eutanasia culturale di un popolo.

Nadia Vandelli

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4 comments

jenablindata 21 Settembre 2020 - 2:49

troppo tardi,credo…
decenni di propaganda antimaschile e di
indottrinamento contro la famiglia e i figli si pagano.

anche perchè c’è un altro problema,che è perfino più grave e nascosto:
la disillusione e l’allontanamento degli uomini,che di sposarsi ed impegnarsi con le donne che girano oggi…
e con le leggi matrimoniale di oggi,NON ne vogliono sapere.

e stanno scendendo anche le convivenze,visto che da quando hanno introdotto (di nascosto) le leggi per regolamentarle (equiparandole di fatto ad un matrimonio o quasi)
sono già in calo percepibile….
ed arriveranno ad un vero e proprio crollo non appena il grosso degli uomini si accorgeranno che
anche le convivenze sono diventate una inchiappata per loro,esattamente come il matrimonio.

il movimento MGTOW in salita verticale dovrebbe far capire efficacemente che aria tira…
e il ricorso all’utero in affitto per i super alfa (tipo cr7) per evitare rogne di tutti i tipi:
questo tipo di uomini,che vivono le relazioni con il cervello…
stanno aumentando sempre di più e sono solo le prime pietre di una valanga che ha già cominciato a muoversi,
come reazione alle politiche culturali femministe.

e quando una valanga si muove,la vedi benissimo…
ma NON la fermi.

tutto questo si AGGIUNGE al fatto che le donne di oggi
sono ben poco interessate a far famiglia prima dei trent’anni…
(PRIMA gli studi,i divertimenti,i viaggi,il lavoro,le esperienze,la carriera ecc)
vogliono pochi figli,e si separano facile….
distruggendo interi decenni di vita in comune,sfasciando famiglie
e distruggendo patrimoni come fossero un pò di polvere:
di fatto,NON HANNO PIU’ la cultura adatta,a costruire una famiglia.

quindi vorrei chiedere alla vegetti…
“cosa ti fa pensare che sia possibile tornare indietro?”

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Cesare 21 Settembre 2020 - 7:14

Onore alla femminista che sembra rendersi conto dei danni che sono stati fatti alla famiglia Italiana e alla figura paterna.Già negli anni 50 alcuni elementi della dittatura finanziaria occulta, che crea in via privata e a costo zero il denaro con cui ci depreda, finanziarono movimenti femministi.Lo scopo era la distruzione della famiglia,obiettivo massonico esplicito insiema alla distruzione delle nazioni e della religione cattolica.Con la demolizione dell’autorità paterna si toglie ogni autorità alla coppia di genitori la cui autonomia è nella realtà un potere alternativo a quello dello stato.Si è cosi’ creato un conflitto profondo tra uomini e donne per dividere i dominati e poterli isolare l’uno dall’ altro.Il vero problema è il lavaggio del cervello fatto dai loro media e scuole alla maggioranza della popolazione.Oggi sono riusciti a generare gente che crede che l’uomo bianco è il principale colpevole di tutti i mali passati e presenti del mondo, anche se è un bambino appena nato.

Reply
Marc 21 Settembre 2020 - 10:20

Saresti donna te?

Reply
Mark Jenkins 1 Aprile 2021 - 6:17

Troppo poco. Troppo tardi. Cinquanta anni di propaganda anti-maschile e anti-famiglia, di leggi iperfemministe e immagine divinizzata e vittimizzata della donna… ed ecco servita una società in rapido crollo di natalità. State semplicemente raccogliendo ciò che avete seminato.

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