Roma, 8 apr – Da oggi è disponibile l’8° numero della collana «I Grandi Italiani», inaugurata dal Primato Nazionale lo scorso settembre. Il volume, scritto a quattro mani da Valerio Benedetti e Francesco Carlesi, è dedicato a Giuseppe Mazzini, il profeta della nuova Italia. In cento agili pagine, gli autori ripercorrono la vita del patriota genovese, di cui quest’anno ricorre il 150esimo anniversario della morte, ricostruendone la biografia a 360 gradi e analizzando anche la sua fortuna postuma. Il quaderno, come di consueto, è arricchito da numerosi extra e contenuti inediti che aiutano a inquadrare il personaggio del mese. Di seguito riportiamo l’introduzione al volume scritta dagli autori. [IPN]
Mazzini, il profeta
Come tutti i grandi uomini, anche Mazzini ha suscitato – e continua a suscitare – sentimenti contrastanti. Ardente di quello spirito rivoluzionario che fa vibrare l’anima, spacca la storia e incendia un’intera epoca, il patriota genovese fu amato e odiato, ammirato e disprezzato, idolatrato e ingiuriato.
Questa ambivalenza si coglie, ad esempio, nel celebre giudizio formulato dal suo arcinemico Metternich: «Ho dovuto combattere contro il più grande condottiero [Napoleone]; mi è riuscito di mettere d’accordo imperatori, re, uno zar, un sultano e un papa. Ma nessuno sulla faccia della Terra mi ha procurato maggiori difficoltà di un brigante di italiano, emaciato, pallido, cencioso, ma eloquente come l’uragano, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, sfacciato come un commediante, infaticabile come un innamorato: Giuseppe Mazzini».
Descrizioni simili del Genovese si ritrovano presso molti altri contemporanei sia italiani che stranieri. A ricorrere, in particolare, è il riferimento a quell’afflato mistico-religioso che animò l’«apostolo» del nostro Risorgimento per tutta la sua vita. Sì, perché Mazzini si sentì e volle essere l’apostolo, il profeta e il martire di una nuova religione – la religione della patria – alla quale dedicò ogni fibra del suo essere, sfidando le convenzioni sociali, patendo le più atroci sofferenze e mettendo in gioco la sua stessa vita.
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Certo, non era un politico o un diplomatico come Cavour, né un condottiero d’eserciti come Garibaldi, ma non per questo Mazzini fu meno eroico o decisivo. Fu lui, infatti, a ispirare un’intera generazione di patrioti e a recare conforto ai compagni di lotta nei momenti in cui ogni speranza sembrava spezzata. Fu lui la coscienza profonda del Risorgimento, il profeta che chiamò gli italiani a riappropriarsi del loro destino storico.
Perché Mazzini fu sì letterato, ma un letterato sempre immerso nella battaglia: la sua penna valeva dieci reggimenti, e nella sua voce possente riecheggiavano i colpi di cannone. Può sembrare retorica, ma non lo è affatto. In un tempo – il nostro – così avaro di esempi, Mazzini ci ricorda che gli intellettuali non pontificano: lottano; che le rivoluzioni non si millantano: si fanno. E che, di fronte all’apostolo che ha risvegliato una nazione e inscritto il suo nome nel marmo della storia, ammutoliscono i vili, le malelingue e i ciarlatani.
Valerio Benedetti & Francesco Carlesi