Milano, 13 gennaio – Lo abbiamo fatto per voi. Ci siamo messi davanti alla televisione e ci siamo sciorinati gli otto episodi, divisi in due capitoli, della serie televisiva del momento, che alla fine sarà anche dell’anno, M – Il figlio del secolo. Diretta da Joe Wright, scritta da Stefano Bises e Davide Serino, prende vita – lo sanno anche i sassi – dall’opera letteraria di Antonio Scurati.
Un film degno del miglior Copperfield
Benito Mussolini è interpretato da Luca Marinelli che però richiama nella sua maschera il Pinguino di Batman. Chiaro più ci si allontana dal fenomeno del Fascismo più gli epifenomeni dell’antifascismo generano effetti marchiani. Eppure mettersi qui a de-costruire lo sceneggiato gioverebbe solamente alla struttura che ha messo in piedi l’opera. Certo Filippo Tommaso Marinetti trasformato in un guitto sovrappeso che urla a favore di telecamera “zang zang tumb tumb” come un ossesso, alla stregua dell’ubriacone di paese che puoi incontrare nel bar all’angolo della periferia italiana la domenica pomeriggio dopo le 17:30, e Margherita Sarfatti modellata a fodero del pene di Sua Eccellenza – Marracash, il rapper di quelli che ben pensano, avrebbe detto “il sacco a pelo del cazzo”, ma ci siamo capiti – sono un’operazione cinematografica degna del miglior David Copperfield.
Spariscono i caratteri, le idee e le visioni proprio come l’illusionista statunitense fece sparire la Statua della Libertà. C’è solo Benito Amilcare Andrea Mussolini e tutto intorno il nulla o meglio dei cartonati che si muovono sullo sfondo del suo conclamato, nel girato, delirio da padreterno.
Il Mussolini “americano” di Wright
Renzo De Felice scrisse che l’errore spesso commesso nel giudicare la parabola del più giovane Primo Ministro italiano della storia, prima dell’avvento di Matteo Renzi (chiaramente), è di considerarlo romagnolo piuttosto che milanese. Ecco Mussolini fu cesellato dalla città delle rivoluzioni italiane mentre quello di Joe Wright è perfettamente anglosassone. Anzi americano. Ha tutti i tic e i difetti tipici del gigantismo a stelle e strisce. E infatti, in questo spasmodico rapporto con la telecamera e perforazione della quarta parete, a un certo punto diventa Donald Trump asserendo: “Make Italia Great Again”. Da MAGA a MIGA(cazzi).
Gonfio come gli americani, bolso e con un ego smisurato. Sembra il perfetto affresco dell’Incubo ad aria condizionata descritto a fine degli anni ‘30 da Henry Miller. “Questo il tema, il rapporto tra saggezza e vitalità, m’interessa perché, contro l’opinione generale, non sono mai stato capace di considerare l’America giovane e vitale ma la vedo piuttosto prematuramente invecchiata, come un frutto marcito prima d’aver avuto la possibilità di maturare”. Ecco il Fascismo che vuole emergere da M – Il figlio del secolo.
Nostalgia… di Antonio Banderas
Passano i minuti e la nostalgia di Antonio Banderas e la sua interpretazione ne “Il giovane Mussolini”, senza accenti romagnoli, è palpabile. Specie nei discorsi. Specie quando guardando il tramonto professa il verbo della santa teppa e della rivoluzione (su YouTube si trova l’estratto). Ah e Rachele Guidi era interpretata da Claudia Koll, ça va sans dire. In un’intervista, tra le mille mila rilasciate, Luca Marinelli ha asserito che il regista all’indomani della vittoria alle elezioni politiche di Giorgia Meloni ha voluto registrare l’opera in italiano invece che in inglese. Questo la dice lunga sull’operazione realizzata. Il girato è per luci, colori, mosse, dinamismo e musiche – la colonna sonora opera dei Chemical Brothers – di livello assoluto. Non ci interessa quindi entrare nel merito dei tecnicismi.
Il travisamento della storia
L’alterazione maggiore è trasformare una rivoluzione, quella fascista, che ha avuto più morti tra le proprie file nel biennio rosso, 1919-1921, piuttosto che in quelle registrare nelle file nemiche in una macchina dell’eliminazione sistematica. Stalin levati proprio. Basterebbe leggere “Nascita dell’ideologia fascista” dello storico israeliano Zeev Sternhell per capire la distorsione. Ecco l’effetto speciale migliore: il travisamento della storia.
L’antifascismo, nuovamente, ha voluto raccontarci il Fascismo come un incubo, ancor meglio Mussolini nightmare, senza rendersi conto che di questa gigantesca operazione resteranno i reel, le pubblicità a reti unificate, i meme e l’invasione social. Ogni cosa rientrerà, nella notte, dalla loro stessa finestra per insediarsi in sogni bagnati, incapaci di storicizzarsi, diventando essi stessi ossessioni e tormenti. Inabili a uccidere l’idea di Mussolini lo martirizzano trasformandolo in un eterno ritorno. L’Oscar nella categoria “Fascismo più vivo che mai” va a Joe Wright e Luca Marinelli. Applausi in sala, quasi, come il 23 marzo 1919 in Piazza San Sepolcro a Milano.
Lorenzo Cafarchio