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Le «scarpe di cartone» e tutte le bufale sul Regio Esercito nella seconda guerra mondiale

by Andrea Lombardi
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Regio Esercito

Roma, 24 giu – Quante volte abbiamo sentito, a scuola, all’università, in documentari televisivi o dalla voce di persone di nostra conoscenza, frasi come queste: “I nostri soldati avevano le scarpe di cartone!”, “Il Regio Esercito era male armato!”, oppure “Noi avevamo il fucile 91, del 1800!”, o letto nelle classiche memorie del fronte russo di Nuto Revelli o Rigoni Stern: “Noi avevamo i muli, i tedeschi i carri armati” e persino recentemente l’autolesionismo patrio, in una fiction riguardante uno degli eroi veri dell’Italia, Salvo d’Acquisto, è arrivato a un… “Guarda, i tedeschi hanno pure i caschi coloniali, e noi no!”, quando in realtà i soldati tedeschi dell’Afrika Korps preferivano le divise tropicali italiane o quelle inglesi catturate alle loro.

Riproponiamo oggi questo articolo pubblicato nel luglio del 2017, ma ancora attuale [IPN]

I nostri soldati avevano le scarpe di cartone!”. In realtà gli scarponcini militari italiani erano in cuoio e pelle di buona qualità, certamente quando si devono fare indumenti in milioni di esemplari si prendono delle scorciatoie produttive: quindi si usano fibre artificiali, etc. Gli stessi tedeschi già dal 1939 accorciarono i loro famosi stivali per risparmiare cuoio, dal 1941 distribuirono alle reclute solo degli scarponcini bassi da portare con le ghette, e iniziarono presto a usare filati artificiali come il rayon nei capi d’abbigliamento e a usare bachelite, carta pressata e resine per fare bottoni o parti di equipaggiamento. Lo stesso equipaggiamento invernale italiano, consistente in cappotto in panno, guanti in lana, etc., seppur purtroppo inadeguato per l’inverno russo, era esattamente pari a quello tedesco del 1941; solo nell’inverno successivo la Wehrmacht introdusse delle tenute imbottite per i suoi soldati. Di nota anche il fatto che al Btg. Monte Cervino, inviato in Russia, furono consegnati scarponi dotati delle modernissime suole in gomma VIBRAM, altro che “cartone”!

Ma quali scarpe di cartone

Corollario: “Avevamo le pezze da piedi e le fasce mollettiere”. Le pezze da piedi erano considerate dai veterani come migliori e più durevoli delle calze, le fasce mollettiere erano, all’inizio guerra, adottate da molti dei contrapposti eserciti! “Noi avevamo il fucile 91, del 1800!” Una delle frasi dimostranti maggiore malafede: il fucile 91 fu in effetti adottato nel 1891… ma d’altronde i fucili usati nella seconda guerra mondiale delle altre nazioni erano molto più recenti? Vediamo: Germania, Mauser K98k, adozione 1898, Inghilterra, Lee Enfield, 1900, Russia, Moisin-Nagant, 1891, Giappone Meiji-Arisaka, 1897, USA, Springfield 1903… 1903! Il “vecchio” 91 era decisamente in buona compagnia!

Tutte le bufale sul Regio Esercito

“Il nostro esercito era male armato!”. Certamente dopo il 1942-1943 il divario tecnologico e industriale con le potenze Alleate o la Germania si ampliò effettivamente in modo irreparabile per il sistema industriale-militare, sociale e politico italiano ma sino al 1941-1942, se per esempio compariamo armi e mezzi italiani con quelli inglesi in Nord Africa, uno dei teatri che videro il maggior impegno delle FFAA italiane nella seconda guerra mondiale, troveremo delle sorprese: nelle armi individuali sostanziale parità, e se gli inglesi avevano una eccellente mitragliatrice leggera, il Bren, noi schieravamo una ottima mitragliatrice pesante, la Breda 37. Una nota dolente riguarda poi il famoso moschetto automatico Beretta MAB 38 A, eccellente arma da fuoco automatica camerata per una potente munizione da 9 mm: prodotta in decine di migliaia di esemplari già nei primi anni di guerra, fu però distribuita solo a pochi reparti e in pochissimi esemplati a causa della mentalità retrograda degli Uffici Armi del Regio Esercito che vedevano nella celerità di tiro dell’arma solo uno “spreco di munizioni”. Il risultato fu che prima della Repubblica Sociale Italiana il MAB finì in numeri maggiori nelle mani dell’Esercito Rumeno (che ne acquistò molti esemplari) e della Wehrmacht che ne requisì a magazzini interi dopo l’8 settembre 1943 controllandone poi la produzione che in quelle dei militari regi italiani. Nei corazzati, se noi allineavamo le giustamente vituperate “scatolette di latta”, i piccoli carri L3, anche gli inglesi non scherzavano con le loro “bare di fuoco”, i vari modelli di Light Tank (carri leggeri) armati di mitragliatrici; nei carri medi i nostri M13/40 e modelli M successivi tenevano bene, con il loro pezzo da 47 mm, contro il 40 mm dei carri Cruiser e Valentine inglesi, il cui cannone peraltro poteva sparare solo granate perforanti e non anche quelle esplosive, essenziali per ingaggiare a distanza i cannoni anticarro e la fanteria trincerata. I Matilda, carri pesanti inglesi, benché dotati di una massiccia corazzatura, erano pochi e lenti. E ad ogni modo, nelle azioni tattiche di corazzati sia gli italiani che gli inglesi sembrano dei novizi imbranatissimi al confronto dei tedeschi, capaci di sfruttare flessibilmente i loro Panzer appoggiati da aliquote di fanteria meccanizzata, artiglieria, genio e aviazione di supporto: anche in questo caso il confronto Italia-Inghilterra è quindi… pareggio! In effetti, quando inglesi e italiani si scontrarono in Nord Africa in condizioni di parità numerica, e senza i tedeschi di mezzo a rubare la scena, anche i Carristi italiani colsero degli allori, come la Divisione Ariete a Bir el Gobi il 19 novembre 1941, quando i suoi 130 carri M batterono i 150 carri Crusader della potente e esperta 22° Brigata Corazzata inglese, distruggendone 42 e perdendone 30. Sicuramente il nostro Esercito era però notevolmente inferiore nelle artiglierie controcarro, nelle comunicazioni, nella logistica e nelle forze meccanizzate, anche se in Nord Africa una buona parte delle unità di fanteria fu comunque dotata di automezzi, come pure le nostre Grandi Unità inviate in Russia con lo CSIR, che poteva allineare alcuni dei migliori reparti del Regio Esercito e dei Battaglioni M. Analizzando le performance di aerei e navi spesso arriviamo a un giudizio di non inferiorità dei nostri mezzi, per esempio anche l’utilizzo della Royal Navy del Radar e della decrittazione (non efficientissima, peraltro) dei messaggi italo-tedeschi nella guerra navale nel Mediterraneo, non deve mascherare gli incredibili errori tattici e la pavidità strategica degli Ammiragli italiani nel 1940-1943. Passando all’Aeronautica gli inglesi non avevano poi solo gli splendidi Spitfire: nel 1940-1941 i nostri antiquati biplani CR-42 erano coetanei dei biplani inglesi Gladiator, e gli Hurricane, una volta tropicalizzati per l’utilizzo in Nord Africa, avevano le stesse prestazioni dei nostri Macchi MC 200 Saetta… poi le famose “otto mitragliatrici” dei caccia inglesi, se paragonate alle sole due dei nostri caccia, potevano risultare superiori solo a chi non osservasse che le armi inglesi erano di piccolo calibro, 7.7 mm, mentre quelle dei nostri aerei erano le potenti Breda-SAFAT da 12.7 mm, sparanti proiettili incendiari di peso quadruplo rispetto ai proiettili inglesi. Il nostro Macchi MC 205 Veltro, inoltre, benché consegnato ai reparti in pochi esemplari nel giugno 1942, aveva caratteristiche pari ai più moderni aerei avversari.

“Noi avevamo i muli, i tedeschi i carri armati”. Considerando che la Wehrmacht schierò contro la Russia nel 1941 più di centotrenta Divisioni e di queste solo una ventina erano Corazzate o Motorizzate, e tutte le altre appiedate e ippotrainate come nelle campagne napoleoniche… affermazioni come queste si possono spiegare solo con il ruolo “di parte” di scrittori come Revelli e Rigoni Stern nel dopoguerra. Le cattive prove di talune unità italiane nel periodo 1940-1942 non vanno quindi ricercate tanto nell’inferiorità dei materiali, ma nello scarso addestramento e coesione tra militari di truppa provenienti da regioni diverse, e non resi affiatati dai propri Ufficiali del Regio Esercito, i quali spesso si consideravano come superiori non solo di grado, ma anche di… casta, quindi incapaci di vincere il rispetto e guadagnarsi la fedeltà dei propri uomini. Inoltre gli Ufficiali Superiori stessi, spesso anziani, applicarono tattiche risalenti alla prima guerra mondiale in un contesto di guerra di movimento molto diverso, e invece di aggiornare le loro conoscenze d’arte militare preferirono dare la colpa dei loro fallimenti ai soldati o alle loro armi!

Andrea Lombardi

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15 comments

ANTERO 6 Luglio 2017 - 4:54

Rendiamo ONORE al Valore del Soldato Italiano !

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Tony 6 Luglio 2017 - 4:59

Mussolini era indeciso.. Sapeva di non avere i ‘numeri”..Ha giocato la carta sbagliata ed è finita come è finita…..

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federico gullo 28 Agosto 2018 - 7:17

Se pensate che molti analisti militari o tra studiosi che.lavorano in accademie militari come quella di West Point quando costituiscono in giochi di guerra ipotetici eserciti da utilizzare in vari contesti piu’ o meno reali di teatri operativi a varia intensita’,solitamente emerge spesso che l’organigramma di un esercito tipo ideale sia costituito da uno stato maggiore formato sulla falsariga di quello tedesco della WWII ,mentre sottoufficiali e truppa italiana per capacita’ di adattamento,inventiva e improvvisazione ovviamente il tutto condito da tecnologia,sistemi d’arma di ultima.generazione tutto made in USA anche se per me non e’oro tutto quello che luccica solo perche’prodotto in America….e infatti molti luoghi comuni sfata questo articolo, riguardo i nostri equipaggiamenti di allora mettendo in risalto piu’problematiche di tipo culturale e di approccio dei nostri ufficiali riguardo tattica.e.strategie da utilizzare.in battaglia utilizzando al meglio il personale ai loro ordini e che mi trova abbastanza d’accordo.
Per cui sull’inettitudine del.soldato italiano andrei cauto….insomma un luogo comune duro a morire alimentato spesso non sempre proprio da noi Italiani.

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Daniel Cédric Des Cépets 17 Dicembre 2018 - 5:11

Riuscire a riunire così tante inesattezze ed errori veri e propri in un articolo solo è un vero primato.
Cercate di non svalutare i veri valori militari di un esercito rispettato per il solo coraggio dei propri uomini per inventare una parità tecnologica che non è mai esistita, se non nella testa di chi doveva vendere pessime armi ed equipaggiamenti e gonfiarsi le tasche a spese dei nostri valorosi soldati.
Traditi dalla viltà della nazione ed ora anche dall’approssimazione delle cronache?
No! È troppo.
Viva l’Italia, viva l’Esercito, morte al nemico.

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Emilio Betta 26 Gennaio 2019 - 6:54

Mio zio, militare in Russia, di professione calzolaio, mi raccontò lui personalmente delle scarpe di cartone. Lui si salvò dal congelamento grazie alle scarpe di un russo morto. Mentre i suoi compagni di sventura morivano.

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Gennaro 1 Marzo 2019 - 11:20

Non so come si possa definere ruolo “di parte” ciò che scrissero i superstiti della campagna di Russia.
Certo essi ne fecero parte e sono gli unici che possono testimoniare cosa subirono. Mentre i fanti congelavano al foente nelle retrovie i marescialli custodivano gelosamente indumenti invernali e forme di grana privandone cheìi prima di tutti ne avveva bisogno.
Ricordatevi che con il C.S.I.R. fu inviata la divisione di fanteria TORINO cosidetta autotrasportabile, cioé era priva di mezzi di trasporto per cui l’avvicinamento al fronte fu fatto a piedi.
Ricordiamoci l’infausta decisione di trasformare le divisioni di fanteria da ternaria in binaria per il solo scopo di avere a disposizione un più alto numero di unità.
Il Regio esercito era male armato e mal gestito, tranne il valore di molti soldati e pochi ufficiali.
Ricordiamoci la campagna di Grecia, un completo fallimento, la mancata invasione di Malta, un grosso errore strategico, le innumerevoli perdite di convogli per l’africa, aerei come il CR42 imposti dall’industria nazionale quando la Reggiane producceva già caccia con fusoliera in metallo.
Non basta il valore per vincere le guerre.

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Carlo 5 Maggio 2019 - 8:04

” Il nostro Macchi MC 205 Veltro, inoltre, benché consegnato ai reparti in pochi esemplari nel giugno 1942″…Lo potevano consegna’ nel 1946, magari sarebbe stato più efficace come oggetto decorativo…Non dimenticare poi che noi stavamo attaccando non ci stavamo difendendo.

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Enrico 4 Luglio 2019 - 5:39

Se posso fare delle precisazioni da semplice appassionato storico e quindi non esperto, va detto che il nostro problema di fondo, come poi anche per i tedeschi, fu reperire le materie prime e i bombardamenti alleati sulle nostre fabbriche, ricordiamoci che gli inglesi poterono contare sempre sugli americani, che comunque riuscirono a rifornirli sempre e con continuità, gli americani del resto non ebbero mai problemi in materie prime e ebbero le loro fabbriche al sicuro dai bombardamenti nemici.
Comunque per far qualche precisazione all’articolo, primo va detto che il nostro fucile modello 91, era sotto potenziato, infatti era di calibro 6.5 mm quando tutte le altre nazioni lo aveano dai 7mm in su; poi gli americani nelle seconda guerra mondiale usarono ancora lo Springfield 1903, ma avevano anche messo in produzione M1 Garand, praticamente l’unico fucile di produzione di massa con sistema semi-automatico, della seconda guerra mondiale.
Gli aeri italiani furono sempre indietro a quelli degli alleati, sia tecnicamente che ovviamente come numero.

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viva l'Italia 19 Gennaio 2020 - 11:34

Il soldato italiano non era assolutamente considerato un inetto, anzi coraggioso. Inetti sono stati i comandanti a tutti i livelli, fino al Duce che li ha mandati a morire per la sua vanità.

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Roberto Calligaris 27 Febbraio 2020 - 1:42

Dissento. Non é proprio cosí. Premetto: non sono di parte. Sono un ricercatore appassionato, nulla di piú, ma ho la fortuna di aver conosciuto molti reduci.ed ereditato molti documenti. Data la zona in cui vivo, il Friuli che rispetto alla popolazione ha dato un contributo sproporzionato in termini di Caduti e dispersi (cito per esempio, quale fonte di ricercrata, il sito ell’Unirr e l’enciclopedia “Storia delle truppe alpine” del Faldella) soprattutto nella (allora) leggendaria Divisione alpina Julia, la piú decorata dell’esercito italiano per inciso, ho dedicato molto del mio tempo allo studio di taluni eventi. I calzari erano assolutamente inadatti all’inverno russo, tant’é vero che il generale Messe (comandante del CSIR) aveva sottolineato questo aspetto allo Stato Maggiore, ma fu lettera morta. I chiodi dei scarponi alpini trasmettevano il freddo accelerando il congelamento. Fu proposto da parte dello stesso di sostituirli con calzari di feltro pressato, sull’esempio di calzari catturati ai piedi dei russi, ma, per ragioni di opportunitá (la corruzione esisteva giá…) si chiusero gli occhi. Durante il mese maledetto della Julia nel fronte della Kalitwa chi li “rubava” ai Caduti russi aveva molte possibilitá di farcela. Gli scarponi erano di fibra di cellulosa pressata con colle (la cellulosa é la componente fondamentale del cartone) perché il cuoio non bastava. Durante la battaglia di Nowo Postojalowka (la piú lunga, la piú cruenta, la piú sanguinosa battaglia combattuta dagli alpini durante il secondo conflitto mondiale all’inizio della ritirata) mancavano le granate EP e i mezzi controcarro. (i 47/32 che armavano le compagnie controcarro facevano il solletico alle corazze dei T34 e KV1). Come terzo esempio riporto la totale assenza dei collegamenti radio (indispensabili) dovuta all’inadeguatezza dei nostri mezzi radio che col freddo russo non funzionavano. Se ci foseero stati le Divisioni Julia e Cuneense avrebbero avuto qualche possibilitá in piú. Gli alpini avevano ufficiali generalmente ammirati e seguiti dalla truppa il cui reclutamento era principalmente regionale. Detto ció invito la redazione di questo sito a dare un’informazione piú corretta e puntuale. Credo che riconoscere i propri errori con umiltá ed autocritica é sinonimo di umiltà e progresso.

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Alessandro 7 Aprile 2020 - 11:05

Grazie per la meravigliosa risposta a riguardo dell’equipaggiamento dell’esercito italiano. Io ho letto il libro “NUDI ALLA META” di Aldo Lualdi. Ed ho trovato le stesse critiche mosse verso chi ha voluto la guerra, chi ha corrotto per averne guadagni e chi si è arricchito sulla pelle di fanti, alpini, marinai, bersaglieri, piloti d’aerei, carristi.
Mi piacerebbe intavolare una conversazione a riguardo.
Mi chiamo Alessandro.
Cordiali saluti.

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signore che ha fatto la guerra e voi no! 18 Maggio 2020 - 3:36

non è vero io ho sempre avuto delle scatole di amazon ai piedi non delle scarpe,
SOLO CARTONE

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Al Cooper 16 Agosto 2020 - 11:28

Non prendiamoci in giro! Il soldato italiano era coriaceo sopportava cose che altri no! Vatutin generale sovietico per poterci battere fece manovre azzardate. le scarpe di cartone una bufala,risultarono troppo micidiali per i seguenti motivi
1° troppo precise nel numero,avrebbero dato scarpe con 2 o tre numeri in più,onde poter mettere 2 paia di calze …..
2 le valenke che erano alla nostra portata mai prese in considerazione dagli scarpari italici
3 le suole con le 72 bullette di ferro fecero il resto. anke il biram non fece un granche in più
Con il nostro armamento,la motorizzaione scarsa (che venne poi requisita per loro uso dai nostri alleati!!) l’industria che era quello che era non si poteva far di più ONORE AL SOLDATO ITALIANO calci in culo al buffone di predappio.

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Dogwalker 15 Dicembre 2021 - 10:02

Le scarpe che si vedono nella foto in alto sono tragicamente inadatte al clima.
Non perchè fossero fatte male. Nessuna scarpa di pelle chiodata “monostrato” è adatta ad andare in giro a -20° (figurarsi le punte di -35°-40° dell’inverno ’42-’43). Pensa a tutto quello che hai addosso per non congelare a quelle temperature, e le estremità, che perdono calore più velocemente, dovrebbero essere isolate da un sottile strato di lana (le pezze da piedi) e uno di pelle? Il congelamento è assicurato.
Quello che è peggio, nell’inverno ’42-’43 si era già al secondo inverno di guerra in Russia. si era già visto nel primo che l’equipaggiamento era inadatto, ma non si era corsi ai ripari, come i tedeschi invece avevano fatto dopo l’inverno ’41-’42.

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Cesare 24 Giugno 2023 - 3:53

Per quanto concerne l’aviazione, come si puo’ leggere nel libro “i Disperati” ,l’Italia adotto’ troppi modelli diversi anche per via della pressione delle diverse ditte e non si concentro’ su un unico mezzo come le altre nazioni ed alla entrata in guerra aveva sopratutto i biplani FIAT CR 42 che oramai erano sorpassati da monoplani a struttura interamente metallica

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