Anni fa una mia conoscente berlinese mi raccontò cosa fu per i tedeschi vivere il Mondiale 2006 disputato in casa. Di colpo, mi disse, tutta la Germania fu colorata di nero, rosso e giallo. Le bandiere tedesche spuntarono fuori ovunque, dalle finestre alle piazze.
A prima vista sembrerebbe un fenomeno normale, una semplice dimostrazione di tifo calcistico durante una competizione internazionale. In realtà, fu molto più di questo. Ascoltando le parole della mia amica, mi resi conto che per i tedeschi quelle settimane di calcio furono un momento per esprimere qualcosa che, fino a quel momento, era stata repressa: l’amor di patria.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di agosto 2021
Questo fatto trova riscontro in molte altre testimonianze di cittadini tedeschi. Sembrava che in quell’estate del 2006 il grido «Deutschland! Deutschland!» fosse ritornato a risuonare in Germania come una vecchia musica proibita, come un empio motivetto improvvisamente sdoganato.
L’importanza dei simboli
Come tutti sappiamo, l’euforia teutonica si andò ad infrangere sul muro della Nazionale italiana, nello stadio di Dortmund, la notte del 4 luglio. Da quel momento, calò di nuovo una fitta nebbia sulla Germania, e le bandiere Schwarz-Rot-Gold furono gradualmente tolte dalle strade e riposte nei cassetti. Ma perché sventolare i simboli e i colori della propria nazione rappresentò per i tedeschi un momento così insolito?
La verità è che la Bundesrepublik, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, è stata sottoposta a una violenta propaganda antinazionale. Sulle ali di un senso di colpa ciclicamente rinnovato da media e politici (imbeccati dall’esterno), intere generazioni di tedeschi sono cresciute nella paura e nel disprezzo di qualsiasi senso di orgoglio verso la madrepatria, l’Heimat. Il binomio patriottismo-nazismo, assurdo in ogni suo aspetto, ha letteralmente soffocato l’amor proprio di un intero popolo. Così, un semplice mondiale di calcio diventò…