Queste poche righe vanno lette in relazione oppositiva a un mio precedente scritto sullo scetticismo. Si tratta cioè di individuare, in maniera ovviamente assai schematica, delle correnti di pensiero greche che, di contro alla valorizzazione delle differenze politiche ed etnoculturali, hanno piuttosto mirato al loro superamento, in un contesto segnato dal tramonto delle póleis, dovuto al sopravvenire dell’egemonia macedone e della successiva koiné ellenistica.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di aprile 2023
Cosmopolitismo: un male antico
Inizio da Arnold Gehlen. Tra i tanti suoi testi decisivi, che andrebbero studiati e meditati oggi ancor più di ieri – ad esempio, si pensi al fondamentale concetto espresso in quest’opera di «morale ipertrofica» – Morale e ipermorale (Ombre Corte, 2001) si apre con due capitoli dedicati rispettivamente al cinico Antistene e allo stoico Zenone, il cui strettissimo legame è visto dal grande pensatore tedesco innanzitutto nel loro cosmopolitismo e individualismo, essendo il cosmopolitismo nient’altro che «il rovescio della medaglia di un manifesto individualismo» (p. 37). A riprova, anche Angela Taraborrelli, nel suo Il cosmopolitismo contemporaneo (Laterza, 2011), ricostruisce la genesi dell’ideale cosmopolitico proprio dai cinici e dagli stoici, confermando inoltre che le diverse versioni del cosmopolitismo comunque condividono un orizzonte comune caratterizzato da individualismo e universalità (p. XIII).
Pure Luca Scuccimarra, nella sua puntuale analisi genealogica del cosmopolitismo intitolata I confini del mondo: storia del cosmopolitismo dall’Antichità al Settecento (il Mulino, 2006), ritiene che sia stato «il padre del cinismo», ossia Diogene di Sinope, «a giocare il ruolo più rilevante per lo sviluppo del modello cosmopolitico classico» (p. 41), e che poi, grazie al suo più noto discepolo, vale a dire Cratete, tali tematiche siano state trasmesse allo stoicismo, al quale «dobbiamo una sistematica ripresa di quella istanza cosmopolitica» che appunto «nelle parole di Diogene aveva trovato una prima esplicita enunciazione» (p. 46).
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Jean-François Pradeau ribadisce il punto, osservando come dopo Diogene sia stato infatti lo stoicismo a dare al cosmopolitismo «una giustificazione etica e fisica» (Imiter l’univers: remarques sur les origines grecques du cosmopolitisme, «Le Télémaque», n. 19, 2001, p. 37). Altrettanto significative, in merito a questo legame, pur facendo salve le ovvie differenze tra le due scuole, sono le osservazioni sviluppate nel saggio di John L. Moles, Cynic Cosmopolitanism (in AA.VV., The Cynics: The Cynic Movement in Antiquity and Its Legacy, University of California Press, 1996, in particolare le pp. 117-120). Pertanto, al di là della ricerca di flebili tracce precedenti il cinismo, è con quest’ultimo e poi con lo stoicismo che si affermano in maniera netta e consapevole, a partire già dal nome, un pensiero e una prassi cosmopolitiche.
Apolidi e cristiani
Andando adesso alle fonti, a parte qualche isolata e occasionale testimonianza, come quella di Teodoro di Cirene che affermava essere sua patria il mondo (Diogene Laerzio, II 99), è con Diogene di Sinope che il cosmopolitismo incomincia a imporsi davvero e sin dal nome. Sono almeno tre i passi cruciali al riguardo, tutti riportati nel sesto libro delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio. Innanzitutto, Diogene di Sinope viene definito apolide (ἄπολις) e senza patria (VI 38); di poi si raccontava che, essendogli stato domandato di dove fosse, avesse risposto «cittadino del mondo» (VI 63), ovvero, appunto κοσμοπολίτης; infine, affermava che l’unica retta cittadinanza fosse quella del mondo (VI 72; μóνην τε ὀρθὴν πολιτείαν εἶναι τὴν ἐν κóσμῳ). Pertanto, alla luce di quanto detto sinora, non credo desti molta sorpresa lo scoprire l’esistenza di un…
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[…] Quando i greci negarono la patria e divennero cittadini del mondo […]